Faglie dell’Italia centrale e i terremoti del 2016 e del 2017
La terra è tornata a tremare nel Centro Italia. Dopo il sisma del 24 agosto scorso, che aveva completamente distrutto i Comuni di Amatrice e Accumoli e fatto registrare 298 vittime, mercoledì 26 ottobre è stato registrato un nuovo sisma, nel territorio compreso tra Abruzzo, Marche, Umbria e Lazio, che non ha lasciato scampo soprattutto ai paesi in provincia di Macerata, da Visso a Camerino, mentre una nuova forte scossa è stata avvertita anche domenica 30 ottobre. All'inizio del 2017, mercoledì 18 gennaio, altre tre nuove scosse si sono segnalate nella stessa zona. Molti hanno collegato i tre eventi, spiegando che il secondo terremoto non è altro che un violento assestamento della stessa faglia del primo. Ma gli esperti dell'Istituto italiano di Vulcanologia non sembrano essere dello stesso parere. E se si trattasse di una nuova "faglia dormiente"? Perché non si fermano le scosse in questa parte della Penisola?
Cosa sono le faglie e come funzionano
Quando si verificano terremoti, si parla con insistenza di faglie. Queste altro non sono che delle fratture tra due blocchi di crosta terreste (formata da placche), profonde anche parecchi chilometri, in cui si verifica o si è verificato in passato il movimento delle parti adiacenti alla frattura stessa, che può essere improvviso oppure a lento scorrimento. Si tratta, in poche parole, di una linea di minore resistenza della roccia sottoposta a pressioni e quindi la rottura avviene sempre lungo questa linea. Esistono vari tipi di faglie, anche molto diverse tra di loro, ma tutte caratterizzate dal movimento della crosta, noto come terremoto. Ecco, i tre principali tipi di faglia:
- normale o diretta: c'è uno scivolamento del blocco roccioso al disopra della parete di faglia (detto "hanging wall") rispetto all'altro. Questo tipo di faglia si trova in aree caratterizzate da estensione(i due blocchi di roccia si allontanano l'uno rispetto all'altro);
- inversa: il blocco roccioso al disopra della parete di faglia sale rispetto all'altro, tipica dei regimi di compressione, in cui cioè i due blocchi di roccia spingono l'uno verso l'altro;
- trascorrente: i due blocchi di roccia scorrono uno di fianco all'altro. Il piano di faglia è verticale.
Tra queste, una molto pericolosa è proprio quella appenninica, formatasi fra i due e i tre milioni di anni fa, in seguito all'innalzamento del gruppo del Sasso: la frattura che si è venuta a creare in questo modo si sviluppa per decine di chilometri e nel tempo si è mossa per circa 2000 metri. Anche se è impossibile prevedere i terremoti, quest'area è da sempre sottoposta all'attenzione di vulcanologi ed esperti di geologia.
Le caratteristiche della faglia appenninica
L'individuazione di faglie attive e sismogenetiche, cioè in grado di generare terremoti, definisce la pericolosità sismica di una Regione, e tra quelle più a rischio vi è di certo il territorio del Centro Italia: la particolarità di questa frattura è che si presenta frammentata in tanti segmenti allineati, ma non continui, che percorre il sottosuolo dell’Appennino centro-settentrionale fino a oltre 20 km di profondità. Questo perché la Penisola italiana continua, seppur a piccoli passi, a muoversi lungo la rotta imboccata circa otto milioni di anni fa, quando l'espansione del Mar Tirreno iniziò a spingere il nostro Paese verso Est. In poche parole, schiacciata tra la placca africana e quella euroasiatica, si sposterebbe verso i Balcani, a una velocità che man mano che si va verso Sud aumenta. È lo stesso fenomeno che si è verificato milioni di anni fa quando le due placche, spingendosi reciprocamente, hanno permesso l'innalzamento della catena montuosa degli Appennini dalle profondità marine, ma ora il movimento è diverso. La crosta terrestre non viene portata a piegarsi e ad accartocciarsi su se stessa, come quando si forma una montagna, ma viene "stirata", distesa fino alla formazione di spaccature profonde, le faglie, e creando dei riabbassamenti del suolo.
Terremoto del 26 e 30 ottobre 2016: attivazione di una nuova faglia?
Nelle ore immediatamente successive alle forti scosse che hanno interessato l'Italia centrale il 26 e il 30 ottobre, gli esperti si sono a lungo interrogati se si sia trattato di una replica del terremoto del 24 agosto scorso, appartenente cioè al cosiddetto sciame sismico, o un nuovo evento, che potrebbe cioè evolvere in un suo sciame sismico. L'epicentro del nuovo evento, con quello di assestamento del 30 ottobre, è a poche decine di chilometri da quello che interessò Amatrice e i paesi limitrofi alla fine dell'estate, per cui è difficile dire se può essere collegato alla faglia che ha causato il primo sisma. Come sottolinea Focus, "non è la prima volta che, dopo scosse di notevole intensità, a distanza di qualche mese se ne verificano altre con magnitudo vicina a quella principale".
La preoccupazione dei geologi, però, con il passare delle ore, è che il terremoto di ottobre sia dovuto all'attivazione di una nuova faglia verso Nord, finora rimasta "silente", e non di una replica. Una scarica di energia dal sottosuolo che, secondo gli esperti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), potrebbe creare nuove fratture con nuove scosse significative. Ma tutto è ancora in via di discussione. Secondo altri studiosi dell'Ingv si tratterebbe del distacco di un pezzo di quella già attivatisi a fine estate, il che, però, non esclude la possibilità che possa liberarsi ulteriore energia nel breve periodo. L'ultimo evento, quello di domenica 30 ottobre, ha la stessa direzione delle altre faglie, e se pure non si tratta della stessa, lo è di certo di una parallela. In generale, quello che è sicuro è che ciò che sta continuando a far tremare la terra è sempre il fenomeno di spinta della placca africana verso quella euroasiatica. Ecco perché ci sono state tutte queste scosse in Centro Italia negli ultimi giorni.
Terremoto del 18 gennaio 2017
Quale che sia la teoria giusta, la terra è tornata a tremare anche all'inizio del 2017. Il 18 gennaio alle 10:27 una forte scossa, di magnitudo pari a 5.3 gradi, ha interessato di nuovo i Comuni dell'Italia Centrale, già colpiti dal sisma dei mesi precedenti, gettando nel panico e nello sconforto gli abitanti delle zone al confine tra Lazio, Umbria e Abruzzo, seguite da altre due altrettanto forti. L'epicentro sarebbe da collocare tra i Monti Sibillini e i Monti della Laga, tra le province di Ascoli Piceno e L'Aquila, a una profondità di 10 chilometri. Il terremoto è stato avvertito distintamente anche a Roma e al Nord fino a Padova. "Malgrado sia ancora presto per sapere con esattezza quale sia stata la faglia (o le faglie) che ha generato tali terremoti, è probabile che ancora una volta si sia trattato di un fenomeno di "contagio sismico" tra faglie adiacenti, anche detto effetto domino o a cascata",ha spiegato Andra Billi dell'Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Cnr (Igag-Cnr). Non è escluso che questi fenomeni possano continuare, con una intensità che però è difficile prevedere.
Terremoto a Ischia del 21 agosto 2017
Quello dell'Isola verde è stato un terremoto ibrido, ossia un sisma in cui sono intervenuti sia fattori tettonici che vulcanici. Per quanto riguarda il primo aspetto, il 21 agosto Ischia ha tremato per movimenti di faglia. Il Monte Epomeo che sovrasta l'isola è di origine vulcanico-tettonica, poiché nato dalla risalita del magma e dallo scontro tra la placca africana e quella eurasiatica, ma allo stesso tempo Ischia ha un'origine vulcanica che pesa sulla sua geologia e sul movimento delle onde sismiche.