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Fabbriche di organi con la stampa 3D: come funziona la rivoluzione dei trapianti

Ricercatori giapponesi e americani hanno realizzato la prima ‘fabbrica di organi’ sperimentale, con l’obiettivo di produrre tessuto umano in massa da poter sfruttare nei trapianti.
A cura di Andrea Centini
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La prima ‘fabbrica di organi' sperimentale in grado di stampare tessuto epatico umano è stata messa a punto da un'equipe di scienziati dell'Università di Yokohama (Giappone) e del Centro per le cellule staminali e gli organoidi dell'ospedale pediatrico di Cincinnati (Stati Uniti). Il progetto punta alla vera e propria produzione di massa di organi umani da sfruttare nei trapiantitrapianti, un sogno che in un prossimo futuro potrebbe mettere la parola fine alle interminabili liste d'attesa e salvare la vita a migliaia di persone ogni anno. Perlomeno per determinate tipologie di trapianto.

Gli studiosi, coordinati dal professor Takanori Takebe, ricercatore presso l'istituto americano e quello nipponico, hanno in pratica compiuto un sostanziale passo avanti rispetto alla creazione dei primi organoidi, colture cellulari in tre dimensioni – come quelle dei ‘mini-cervelli' – che sempre più vengono sfruttate nella ricerca scientifica. Grazie ad esse, infatti, è possibile evitare anche crudeli esperimenti sugli animali.

Takebe e colleghi, nello specifico, si sono concentrati nella produzione di tessuto epatico, cioè quello del fegato, e i primi test condotti sui topi hanno dimostrato l'efficacia del materiale organico stampato dalla fabbrica. Con questa procedura gli scienziati riescono a lavorare ben 20mila frammenti di tessuto in tre dimensioni, dotato di caratteristiche genetiche tali da poter essere sfruttato nei trapianti. Negli ultimi cinque anni il team di ricerca si è concentrato soprattutto nel ricreare un ambiente biochimico in grado di replicare quello presente all'interno del nostro organismo, al fine di far crescere e maturare le cellule in coltura nel modo più naturale possibile.

“Il nostro processo di produzione si sta ormai avvicinando agli standard clinici”, ha sottolineato con orgoglio il professor Takebe, mettendo in luce una sicurezza e un'efficienza dei tessuti molto superiore rispetto a quella degli organoidi. Nonostante il grande entusiasmo espresso dai ricercatori, prima di poter testare questo materiale organico sull'uomo sarà necessario attendere ancora alcuni anni (dai 2 a 5 in base alle stime). È il tempo necessario per raffinare ulteriormente la tecnica produttiva, ancora non perfetta. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Cell Reports.

[Credit: geralt]

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