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Essere madri (e figli) in Congo

Un mondo diviso in due: da una parte la Scandinavia dove maternità ed infanzia sono tutelate e protette, dall’altra l’Africa Sub-sahariana con le mamme sottopeso e troppo giovani e i bimbi che con difficoltà superano il quinto anno di vita. Nel mezzo, centinaia di realtà: è il rapporto di Save the Children sulla salute delle madri nel mondo.
A cura di Nadia Vitali
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Due realtà contrapposte e radicalmente differenti, polarizzate attorno a due punti della Terra in modo tale da marcare la lontananza ancor più fortemente ed incisivamente di quanto non riesca a fare la geografia: da una parte i Paesi nordici e, in particolare, i tre Stati della penisola scandinava (Finlandia, Svezia, Norvegia) ai primi posti nella classifica stilata da Save the Children nel suo quattordicesimo rapporto sullo stato delle madri nel mondo. Al punto opposto, agli antipodi diremmo, i dieci Paesi dell'Africa sub-sahariana che si collocano nel fondo di una graduatoria chiusa dalla Repubblica Democratica del Congo; ultime tra le 176 nazioni oggetto dell'analisi, poiché lì, mediamente, una donna su 30 muore per cause legate alla gravidanza o al parto.

Se uno sviluppo è in corso nei Paesi dell'Africa Sub-sahariana, così come vogliono le definizioni con cui siamo soliti rivolgerci a tali Stati, esso taglia senz'altro fuori le fasce più deboli della popolazione: bambini e donne, dunque, possono rappresentare una sorta di indicatore generale delle disparità con quel mondo industrializzato, occidentale e indefinibilmente lontano, dove "infanzia" e "maternità" sono termini dal significato incommensurabilmente diverso. Esistono poi, tra le frammentate e multiformi realtà che si collocano tra i due estremi, casi come l'India la quale, a dispetto della vertiginosa crescita economica di cui è stata protagonista negli ultimi anni (che l'ha portata ad entrare di diritto tra i Paesi con il più elevato diritto di voto all'interno del Fondo Monetario Internazionale), conta il maggior numero al mondo di donne che muoiono a causa di conseguenze legate a gravidanze o parti. In tutto il mondo ogni anno un milione di bambini muore durante il suo primo giorno di vita: l'India è al primo posto in questa mesta classifica, poiché il 29% del totale dei decessi si registra lì. Matrimoni precoci e scarsa nutrizione delle mamme (in India come in Pakistan o in Afghanistan) sono la principale ragione di questa silenziosa strage che potrebbe facilmente essere ridotta ricorrendo a quelli che, per noi, sono servizi sanitari di base.

Ogni giorno, nel mondo, 800 donne muoiono nel tentativo di dare alla luce i propri figli, mentre sono quasi 7 milioni i bambini la cui vita finisce prima di compiere 5 anni; tra questi, 3 milioni non sopravvivono al primo mese di vita. Tutto ciò avviene «per cause perfettamente prevenibili e curabili» quali infezioni, prematurità, complicazioni da parto. Eppure non bisogna di dimenticare, sottolineano gli autori del rapporto, come dal 1990 ad oggi i tassi di mortalità di madri e bambini al di sotto dei 5 anni siano calati rispettivamente del 50% e del 40%: a dimostrazione del fatto che un impegno concreto potrebbe curare questa ferita che il mondo e l'umanità si trascina stancamente addosso. Esemplare il caso del Malawi dove gli accordi e la volontà di cooperazione tra organizzazioni straniere e governi locali ha consentito di ridurre la mortalità infantile del 44%: fondamentale si è rivelata la formazione di operatori sanitari e l'adozione di tecniche ed accorgimenti per evitare le infezioni che, in particolare nell'ambito del parto, possono rivelarsi fatali; allo stesso modo anche il Bangladesh e il Nepal fanno registrare segnali positivi nella medesima direzione, gocce in un mare sterminato che troppi pochi governi hanno interesse ad arginare. Invece, la quasi totalità delle morti di neonati e delle loro mamme (rispettivamente il 98 e il 99% ) si verifica nei paesi in via di sviluppo a causa principalmente della carenza di assistenza e di servizi sanitari nel corso della gravidanza, durante il parto e alla nascita dei bimbi. Negli Stati dell’Africa sub-sahariana le donne che diventano madri sono molto spesso troppo giovani, sottopeso e assolutamente non informate in merito alla contraccezione; Somalia, Mali, Sierra Leone, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana , Ciad, Costa d’Avorio, Angola, spiccano in classifica per i più alti tassi di bimbi che non sopravvivono al proprio primo giorno di vita.

Salute materna e rischio di morte per parto, benessere dei bambini e tasso di mortalità entro i 5 anni, grado di istruzione, condizioni economiche e Pil pro-capite, partecipazione politica delle donne al governo: sono questi i cinque indicatori dei quali si sono serviti gli autori del rapporto che, in riferimento alla nostra situazione specifica, collocano l'Italia al 17° posto. Gli alti livelli di salute di mamme e figli (il tasso di mortalità femminile per cause legate a gravidanze e parto è pari a 1 ogni 20.300, quello di mortalità infantile è di 3,7 ogni 1000 nati vivi), il livello di istruzione delle donne, pari a 16 anni di formazione scolastica, sono le condizioni positive che bilanciano la scarsa percentuale media di partecipazione politica delle donne che solo grazie alle ultime elezioni ha subito un incremento (con il 28,6% al Senato e 31,3% alla Camera) che, comunque, lascia il nostro Paese ancora distante perfino da nazioni come l’Angola (38%) e il Mozambico (39%). Desterà un certo stupore (o forse no) il trentesimo posto degli Stati Uniti: effettivamente, tra i Paesi industrializzati, gli americani guidano la classifica della mortalità dei neonati; le buone condizioni economiche e dell'istruzione non sono accompagnate da un buon livello di salute di madri e figli né da una alta partecipazione alla vita politica.

Questo è uno degli aspetti tra i più drammatici del ritratto di un mondo sempre più ripiegato su sé stesso, colpito da una crisi economica che è andata ad incidere soprattutto sulle realtà più povere e deboli del globo, costringendo ad una brusca frenata anche i progressi effettuati negli ultimi anni grazie al contributo di organizzazioni internazionali e, in generale, ad una maggiore sensibilizzazione dell'opinione pubblica sull'argomento: eppure, mentre nell'occidente e tra i Paesi industrializzati si fa la storia a colpi di mercati, sterminati angoli della Terra continuano ad ospitare popolazioni sofferenti dove la strada per essere madri porta, troppo spesso, dritta verso la morte.

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