Epatite C: storie che fanno vincere
La ricerca scientifica ha fatto passi da gigante in questi ultimi anni in ogni settore, ma soprattutto in campo medico. Lo si percepisce dalle notizie eclatanti sui media nazionali e internazionali che raccontano di imprese un tempo considerate impossibili nella chirurgia e nella medicina che hanno spostato in avanti la frontiera del sapere. Eppure ci si trova di fronte a una scarsa informazione sulla maggior parte delle scoperte scientifiche, a volte semplicemente perché non si è toccati da nessuna patologia. Ne esistono però di asintomatiche o con sintomi non sempre evidenti fin dal loro esordio per le quali l’unica strada verso la guarigione sarebbe semplicemente un test clinico.
L’importanza della prevenzione
Una delle malattie diventate curabili grazie al progresso scientifico è l’epatite C, ma per poterla debellare il primo passo è la diagnosi. Non sempre infatti i sintomi sono chiari e manifesti e, se non viene curata, è possibile che insorgano complicanze, come cirrosi epatiche o tumori. Secondo i dati diffusi dall’associazione EpaC, in Italia ci sarebbero circa 70.000 persone che non sanno di essere affette da epatite C: per il loro bene è quanto mai fondamentale che la prevenzione e la diagnosi diventino un imperativo categorico diffuso. Per fare questo, nelle piazze italiane si organizzano spesso giornate dedicate alla sensibilizzazione. In questo modo, il traguardo posto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sarà concretamente raggiungibile: ridurre, per il 2030, del 90% il numero dei contagi e del 65% il numero delle morti legate alla malattia.
Epatite C: “incurabile” a chi?
Epatite C non è più sinonimo di malattia incurabile. L’uso di farmaci antivirali ad azione diretta di seconda generazione (DAAs) ha scritto un finale diverso per questa malattia, che si può debellare in pochi mesi in oltre il 95% dei casi. Dati alla mano, in Italia sono già state curate 196.000 persone. Proprio per questa svolta positiva del decorso dell’epatite C è importante fare il test per diagnosticarla il più precocemente possibile. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico della Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali racconta che: «Ci troviamo così in una situazione paradossale: quella di avere una terapia che funziona e di non fare nulla affinché le persone che ne possono beneficiare siano messe nella condizione di saperlo».
La campagna di sensibilizzazione
E allora, per diffondere la consapevolezza dell’importanza dei test, l’azienda biofarmaceutica Gilead Sciences ha lanciato un contest in collaborazione con le più importanti società del settore: l’Associazione italiana Malattie del Fegato, la Fondazione The Bridge, la Federazione Liver-Pool e la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali. A raccogliere la sfida è stata UserFarm, una community di videomaker. Oltre 20 i partecipanti che hanno prodotto video della durata di massimo 45 secondi, pensati per informare, commuovere, spiegare e divulgare il messaggio: l’epatite C non è più incurabile, ma perché la terapia funzioni, va diagnosticata quanto prima! I contributi sono arrivati da Russia, Olanda, Italia, Gran Bretagna e Francia e la giuria ha eletto i tre vincitori valutando l’efficacia del video, l’originalità e la carica emozionale trasmessa. Moderatrice della premiazione è la storica voce di Radio Deejay, La Pina. Vincitore il video Breaking not so bad di Valerio Fea che, graffiante, ironico e irriverente, ci ricorda che l’epatite C non è più incurabile, ma per poterla davvero vincere, la prima mossa spetta a noi: dobbiamo fare il test!