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Emicrania, modello matematico prevede gli attacchi basandosi sullo stress

Sviluppato grazie ai dati di 95 pazienti seguiti per circa 11 anni, il modello sviluppato dai ricercatori non è ancora sufficientemente preciso per essere sfruttato in ambito terapeutico, ma i primi risultati sono incoraggianti.
A cura di Andrea Centini
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Un team di ricerca del Massachusetts General Hospital ha sviluppato un modello matematico in grado di prevedere un attacco di emicrania nei soggetti che ne soffrono, permettendo trattamenti terapeutici preventivi per mitigare il dolore e gli effetti negativi sulla qualità della vita. Il calcolo si basa sui livelli di stress sopportati quotidianamente, che possono essere responsabili di un attacco di emicrania il giorno seguente.

“Sappiamo che certe persone sono maggiormente a rischio di avere un attacco rispetto ad altre, tuttavia per la stessa persona non siamo stati in grado di prevedere un aumento del rischio con qualsiasi livello di precisione”, ha dichiarato l'autore principale della ricerca Tim Houle, medico e ricercatore presso lo storico nosocomio di Boston. “Il nostro studio – ha proseguito lo studioso – dimostra che è abbastanza possibile prevedere il verificarsi di un attacco di emicrania in un individuo che soffre di mal di testa”.

Per sviluppare questo modello predittivo Houle e colleghi hanno coinvolto nella ricerca 95 persone affette da mal di testa cronico, e le hanno seguite per 4195 giorni durante i quali hanno dovuto tenere una sorta di diario, nel quale appuntare quotidianamente sia i livelli di stress che gli eventuali attacchi sofferti e la loro intensità. Dall'analisi statistica è emerso che in media i partecipanti hanno sofferto di attacchi per 1613 giorni, ovvero per il 38.5 percento del totale, e le probabilità di svilupparsi erano maggiori quando il giorno precedente i livelli di stress erano sensibilmente elevati.

Partendo da questi dati hanno sviluppato un algoritmo per un modello matematico in grado di prevedere quando avverrà un attacco, tuttavia la sua precisione non è ancora sufficiente per poter essere sfruttato come strumento in ambito terapeutico. Houle e colleghi sono comunque convinti di aver gettato le basi di un progetto che in futuro, dopo le opportune calibrazioni, sarà in grado di fornire reali benefici ai pazienti che soffrono di emicrania. I dettagli della ricerca sono in attesa di pubblicazione sulla rivista scientifica specializzata Headache.

[Foto di phee]

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