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Emergenza CO2 per il vulcano di fango di Fiumicino

Dopo il cratere di Fiumicino ne spunta un altro in mare. Intanto Ingv e Sapienza lanciano l’allarme: le emissioni hanno origine profonda e possono diventare pericolose per la popolazione.
A cura di Redazione Scienze
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Il vulcanetto apparso a fine agosto nella rotonda di via Coccia di Morto a Fiumicino non è un fenomeno solo da osservare con simpatia. A bollire, ora, è anche il mare vicino. A 2 chilometri di distanza è sorto un altro cratere che libera CO2 a pochi metri dalla costa. Pericoli tellurici, conferma l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), non ce ne sono, ma, riferisce Maria Luisa Carapezza dell'Istituto stesso, "abbiamo misurato flussi di anidride carbonica di circa 20 tonnellate al giorno che tendono a espandersi dalla rotonda stradale di via Coccia di Morto, l’area in cui sono manifestati il 24 agosto scorso, fin nei terreni circostanti, entro un raggio che ha raggiunto i cento metri dal punto di emissione originario".

Il rilievo, effettuato dai ricercatori dell'Ingv e dell'Università della Sapienza, sottolinea la presenza di livelli tossici di CO2 nelle emissioni del cratere di Fiumicino. L'anidride carbonica, presente nell'area nella percentuale di 0,04, diventa letale per l'uomo se supera il 5%. Peraltro le caratteristiche del gas – assenza di odore e colore e maggiore pesantezza dell'aria che respiriamo – fanno sì che l'inalazione dell'anidride carbonica avvenga in maniera pressoché inavvertita per l'uomo. Il fenomeno osservato ad agosto, dunque, si rivela più pericoloso delle attese, aprendo le porte ad una possibile emergenza geologica. Se infatti le emissioni dovessero interessare le zone abitate di Fiumicino potrebbe diventare necessario lo sgombero delle case adiacenti.

Dopo oltre un mese di emissioni l'origine del cratere appare evidente. L'ipotesi iniziale che individuava in una sacca superficiale di biogas l'origine dei gas è da scartare. L'anidride carbonica ha origine profonde. Ha spiegato Carapezza che "tutta la fascia di terra che si affaccia sul Tirreno centrale è stata interessata, nel lontano passato, da manifestazioni vulcaniche" che a Roma non comportano minacce telluriche. Tuttavia – prosegue la vulcanologa – "qui la crosta terrestre è segnata da faglie profonde e da antiche vie di risalita del magma. Di quella attività ormai estinta esistono ancora flussi di anidride carbonica che hanno origine in uno strato profondo della Terra chiamato mantello e che tendono a emergere in superficie. Ma potenti strati di argille e sedimenti fluviali accumulatisi successivamente, hanno come sigillato i gas vulcanici, confinandoli nelle profondità".

Il gas "intrappolato" negli strati di argilla è stato liberato da una trivellazione. "Le trivelle – spiega ancora Carapezza – si sono spinte fino a 30 metri, oltrepassando lo strato argilloso, fino a raggiungere le sacche di anidride carbonica ad alta pressione, che è schizzata in alto assieme ad acqua sotterranea e fango. Ora, poiché l’alimentazione del gas profondo è persistente, l’unico rimedio sembra quello di intervenire iniettando nel terreno uno speciale cemento sigillante chiamato gas block, a cui si ricorre in casi del genere". Intanto il vulcanetto di via Coccia di Morto diventa un caso di interesse internazionale: ai ricercatori della Sapienza e dell'Ingv si sono aggiunti vulcanologi e geofisici dell'Indiana University.

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