Ebola, primi casi di febbre emorragica in Congo
Dopo l'annuncio relativo a tredici decessi da febbre emorragica sospetti nella Repubblica Democratica del Congo, la conferma della diffusione del virus anche nello Stato dove l'ebola venne individuato per la prima volta nel 1976 è arrivata relativamente a due casi: quindi, per il momento, sarebbero due le vittime accertate a causa del virus. Un numero per il momento basso ma che non tiene al riparo da preoccupazioni, tutt'altro: già diverse settimane fa, Medici Senza Frontiere aveva lanciato l'allarme spiegando come l'epidemia di ebola fosse ormai «fuori controllo» e del tutto priva di precedenti simili, sia in termini numerici per quanto riguarda contagiati e morti, sia relativamente alla zona di diffusione, mai così ampia come in questo caso.
L'epidemia si espande?
Il ministero della salute congolese ci ha tenuto a specificare che i due decessi sarebbero stati registrati in un'area relativamente isolata, nella quale si sarebbe già provveduto a disporre per la quarantena degli eventuali prossimi colpiti; le circa 80 persone che avrebbero avuto contatti con i defunti sono attualmente monitorate e tenute sotto controllo. Oltretutto, il virus identificato in questi ultimi due casi potrebbe appartenere ad un ceppo diverso da quello diffusosi in Africa Occidentale (chiamato Zaire e noto per essere il più aggressivo tra tutti, con tassi di mortalità che possono arrivare a sfiorare il 90% dei contagiati): il timore è legittimo ma c'è la speranza che possa essere inappropriato alle circostanze. Come dichiarato da Jeroen Beijnberger, coordinatore medico di MSF nella Repubblica Democratica del Congo: «Per ora consideriamo il manifestarsi dell’Ebola in RDC una sfortunata coincidenza. Stiamo cercando di confermare l’origine dell’epidemia, ma in questo momento non ci sono elementi che mostrino un legame diretto con quella diffusa in Guinea, Liberia e Sierra Leone».
Rientrato l'allarme per la giovane italiana ricoverata ad Istanbul
Intanto arriva una buona notizia per la giovane donna italiana modenese ricoverata a Istanbul: gli esami clinici hanno dato risultato negativo sia relativamente alla malaria sia per il temutissimo ebola virus. La giovane rientrava dal Ciad per un viaggio di solidarietà durato all'incirca tre settimane: era in compagnia di un amico, anch'egli sottoposto alle medesime indagini mediche. Sul volo di rientro la ragazza aveva iniziato ad accusare alcuni sintomi come la febbre alta: allo scalo in Turchia, le autorità sanitarie hanno preso in carico la giovane per sottoporla ai protocolli attivati per prevenire contaminazioni. Fortunatamente, quindi, l'allarme è rientrato e la donna potrà presto tornare a casa, probabilmente con una forte forma di gastroenterite, ricorrente tra i viaggiatori.
Bilancio destinato a salire
Numeri alla mano, emerge chiaramente come la crisi dovuta all'epidemia non accenni a rientrare: l'ultimo bollettino dell'Organizzazione Mondiale della Sanità parla di 2.615 contagiati totali e 1.427 morti. In Nigeria si sarebbero contati 16 contagi e 5 casi, segno che l'ebola virus ha ufficialmente varcato il confine dopo il primo decesso avvenuto a luglio di un funzionario del governo liberiano e sta iniziando a mietere vittime anche lì. Purtroppo per l'ebola non esiste né un farmaco né un vaccino: l'unica speranza di cura, al momento, risiede in un farmaco sperimentale disponibile soltanto in quantità limitate e testato in maniera parziale. Ma l'urgenza di un'epidemia, inizialmente sottovalutata nella sua portata, impone di ricorrere a qualunque mezzo possibile.