Ebola, l’epidemia è ormai fuori controllo
Guinea, Sierra Leone, Liberia: nei tre Paesi coinvolti dall'epidemia di ebola iniziata lo scorso marzo (con la prime morte sospetta, di un bambino di due anni, registrata già a dicembre del 2013 a Meliandou, in Guinea) la situazione appare ormai fuori controllo. Focolai di infezione sono stati individuati in oltre sessanta località distribuite nel triangolo africano: una diffusione tale che, essendo ben poco localizzata, aumenta le difficoltà per il personale sanitario, rendendo più complesse le operazioni di intervento sia per trattare i pazienti sia per limitare e circoscrivere l'epidemia. Gli sforzi in queste due direzioni richiederanno «un massiccio dispiegamento di risorse da parte dei governi dell’Africa occidentale e delle organizzazioni umanitarie»: questo è quanto affermato nel suo ultimo comunicato da Medici Senza Frontiere. L'organizzazione internazionale ha infatti spiegato senza mezzi termini come abbia raggiunto il livello limite nelle capacità di azione delle proprie equipe distribuite sui diversi territori: insomma, vista la gravità del contesto, c'è bisogno di aiuto concreto e di rinforzi, se si è intenzionati a fermare il flagello che sta mietendo vittime da mesi.
La più grave epidemia di ebola da quando si conosce il virus
Secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, dall'inizio del contagio ci sono stati 528 casi accertati con 337 decessi: in termini di distribuzione geografica, pazienti colpiti e decessi, la portata dell'epidemia non ha precedenti. Mai, fin dal 1976 quando il virus venne scoperto, erano state registrate tante morti, né ci si era confrontati con una diffusione geografica così ampia: oltretutto, è la prima volta che il virus colpisce proprio in questa regione, il che rende ancora più complesso il lavoro del personale sanitario poiché l'ebola, da queste parti, era fino a poco tempo fa sconosciuto. Le comunità locali, secondo MSF, avrebbero ancora un timore sospettoso nei confronti delle strutture sanitarie; i tentativi di sensibilizzazione da parte del personale sanitario rispetto ai pericoli della malattia si scontrano ancora da una parte con una forte ansia da parte delle persone, dall'altra con un non-riconoscimento da parte di autorità politiche e religiose della pericolosità dell'epidemia. L'assenza di figure carismatiche che si facciano promotrici della lotta contro la malattia non aiuta; intanto in alcune zone, a causa della scarsa conoscenza della malattia, in molti continuano a partecipare ai funerali durante i quali le probabilità di contagio aumentano drammaticamente, spesso a causa delle pratiche legate ai riti funebri come quella del lavaggio del corpo del defunto. Gli stessi lavoratori del personale sanitario, soprattutto in una prima fase, sono stati vittime del virus a causa delle inadeguate precauzioni offerte dalle proprie strutture di riferimento.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, i paesi colpiti e quelli confinanti devono dispiegare le risorse necessarie per un’epidemia di questa portata. In particolare, deve essere messo a disposizione del personale medico qualificato, devono essere organizzate formazioni su come trattare l’ebola, e occorre incrementare l’attività di sensibilizzazione della popolazione e di monitoraggio dei contatti con persone infette. L’ebola non è più una questione di salute pubblica limitata alla Guinea: sta interessando tutta l’Africa occidentale (Bart Janssens, Direttore delle operazioni per MSF)
Come si intuisce con facilità, non è previsto al momento alcun ridimensionarsi dell'epidemia: secondo i medici, anzi, si può soltanto affermare che andrà avanti ancora per diversi mesi e che, probabilmente, potrebbe espandersi anche in direzione di altri Paesi confinanti. E, se in alcune zone dei diversi Stati coinvolti gli sforzi per contenere l'epidemia hanno portato a qualche buon risultato, in altre aree si continua a morire di febbre emorragica da virus ebola con una percentuale dell'80%. Il ceppo virale che si è maggiormente diffuso, denominato Zaire, è in effetti il più pericoloso, con un tasso di mortalità pari al 90%.
Cosa accade all'organismo quando è attaccato dall'ebola virus
I primi sintomi di un attacco da parte del'ebola virus possono facilmente essere interpretati come quelli di una comune influenza: poco appetito, mal di testa, gola infiammata, temperatura alta, dolori muscolari diffusi. La fase di incubazione, ossia l'intervallo di tempo tra il momento in cui si contrae l'infezione e la comparsa dei sintomi, ha una durata che può andare dai 2 ai 21 giorni. Durante questa settimana (la media è infatti di una decina di giorni), il contatto con parenti e familiari può mettere in pericolo anche questi: attraverso i fluidi corporei infetti, infatti, il virus può trasmettersi. Durante la settimana successiva all'insorgere dei primi disturbi evidenti, la situazione precipita drammaticamente: va tenuto presente, infatti, che dal 1976 ad oggi, con 24 epidemie di ebola localizzate in diverse aree del continente africano, la percentuale di vittime rispetto ai contagiati è rimasta altissima.
Mentre le condizioni dell'organismo si deteriorano rapidamente, con dolore addominale cronico, vomito e diarrea, appare chiara la presenza dell'infezione: raggiunto il punto critico o si ha la fortuna (non troppo ferquente in verità) di far parte di quelli in cui i sintomi iniziano gradualmente a rientrare, oppure si va verso il collasso finale. Il sistema immunitario inizia a produrre le citochine: l'effetto di queste molecole è la famigerata febbre emorragica. I tessuti endoteliali, attaccati dall'infezione, iniziano a collassare, causando la perdita di integrità dei vasi sanguigni; il sistema immunitario, totalmente fuori controllo, attacca gli organi del corpo. La morte, oltretutto, non pone fine al dramma perché, come già specificato, attraverso il sangue l'ebola può cominciare il proprio viaggio verso la vittima successiva.
Non esiste un farmaco, e men che mai un vaccino, in grado di fermare l'azione dell'ebola virus: il solo intervento del personale sanitario consiste nel supporto, nel tentativo di mantenimento di buone condizioni nei parametri dell'organismo (ad esempio ripristinando la coagulazione del sangue) e nel trattamento delle complicazioni. Uno studio pubblicato lo scorso marzo da Nature evidenziava le proprietà di una molecola contro i virus ebola e Marburg (anch'esso causa di febbre emorragica): ma i tempi sono troppo stretti e il flagello, attualmente, corre fin troppo rapidamente da un villaggio all'altro del triangolo Guinea-Sierra Leone-Liberia.