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È italiana e ha 13mila anni l’otturazione più antica e (forse) più dolorosa di sempre

Il preistorico intervento odontoiatrico è emerso in due incisivi recuperati nel Riparo Fredian, nell’area della Garfagnana. L’otturazione è composta da una pasta di bitume, fibre vegetali e peli.
A cura di Andrea Centini
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Antropologi dell'Università di Bologna hanno scoperto in due denti recuperati nell'area della Garfagnana (Lucca) la più antica otturazione al mondo: essa risale infatti al Paleolitico e ha ben 13mila anni. I denti, due incisivi, appartenevano a un soggetto di non giovane età del quale non si conoscono dettagli sul sesso e sulle condizioni di salute, ma che sicuramente aveva conoscenze rudimentali in materia odontoiatrica. Attraverso l'analisi dei reperti, i ricercatori guidati dal professor Stefano Benazzi, docente presso il Dipartimento dei Beni Culturali dell'ateneo emiliano, hanno infatti individuato due fori centrali trattati con piccole incisioni, praticate con schegge di pietra: “Sulla parete dei denti abbiamo trovato una serie di minuscoli segni orizzontali”, ha sottolineato lo studioso italiano. “Suggeriscono – ha proseguito – che per ampliare il foro sono state usate intercapedini realizzate con piccole pietre utensili”.

Il dettaglio sorprendente non risiede nelle incisioni, dato che sono noti ‘interventi dentistici' di questo tipo su reperti più antichi di un migliaio di anni e sempre recuperati in Italia, ma nella specificità del trattamento. Dall'analisi microscopica sono infatti emerse tracce di bitume associate a fibre vegetali e peli animali, una vera e propria ‘pasta' per otturare l'apertura, ridurre il dolore e impedire che il cibo si andasse a depositare nella zona sensibile. Era rozza e probabilmente fastidiosa, ma il principio è il medesimo delle moderne otturazioni, inoltre suggerisce una certa conoscenza delle piante officinali, già dimostrata da un altro studio condotto sugli uomini di Neanderthal, sui cui denti sono state trovate tracce di muffe e germogli con proprietà farmaceutiche.

L'archeologo Claudio Tuniz dell'Università di Wollongong (Australia) suggerisce che il bitume in associazione con alcune piante potrebbe essere stato usato come un antisettico, allo stesso modo della cera d'api sfruttata successivamente. Le necessità di questi interventi sarebbe diventata sempre più importante al variare della dieta negli uomini primitivi, in particolar modo quando vennero introdotti i cereali e cibi zuccherini come il miele. I dettagli dell'affascinante ricerca italiana sono stati pubblicati sulla rivista scientifica American Journal of Physical Anthropology.

[Foto di New Scientist/Stefano Benazzi]

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