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Due mamme ed un papà, così si sconfiggono le malattie genetiche

L’ambizioso progetto porta la firma di alcuni ricercatori britannici: l’obiettivo, entro tre anni, è quello di sperimentare una tecnica di fecondazione assistita in cui il corredo genetico del nascituro viene integrato con il DNA di una seconda donna. Scopo, evitare la trasmissione di malattie genetiche trasmesse per via materna.
A cura di Nadia Vitali
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L ambizioso progetto porta la firma di alcuni ricercatori britannici, l'obiettivo, entro tre anni, è quello di sperimentare una tecnica di fecondazione assistita in cui il corredo genetico del nascituro viene integrato con il DNA di una seconda donna. Scopo, evitare la trasmissione di malattie genetiche trasmesse per via materna.

La tecnica promette miracoli ma anche critiche e polemiche; e, per il momento, si è già scontrata con la legge britannica oltre che con associazioni come la Society for the Protection of Unborn Children, seriamente preoccupate per un eventuale futuro della sperimentazione. Del resto si sa che quando si parla di embrioni la scienza si trova spesso a misurarsi con questioni bioetiche e religiose, persino nella secolarizzata e cosmopolita Gran Bretagna.

Britannici sono i ricercatori che sperano, nel giro di tre anni, di poter trasformare in realtà quello che per ora è solo un'ipotesi che, tuttavia, sembra aprire a numerose speranze nel campo delle malattie genetiche: se il governo di Londra deciderà di modificare la normativa che impedisce attualmente l'impianto di ovociti modificati, è probabile che, a breve, la sperimentazione potrebbe partire anche sugli esseri umani.

L'idea è quella di modificare il corredo genetico del nascituro in modo da impedire al bambino di nascere portando con sé diverse patologie normalmente ereditabili per via materna a carico di cuore, muscoli e cervello; la «correzione» avverrebbe grazie all'integrazione del DNA materno con quello di una «seconda madre». La tecnica andrebbe ad intervenire sui mitocondri, gli organelli cellulari responsabili della produzione di energia attraverso la glicolisi: le loro alterazioni vanno ad influire sulla funzionalità di organi che necessitano di abbondante energia, originando un ampio spettro di disturbi eterogenei e, in alcuni casi, anche molto gravi.

Il DNA mitocondriale del nuovo nato, dunque, apparterrebbe al terzo individuo coinvolto in questo tipo di fecondazione in vitro. Immediate le critiche rispetto ad un metodo giudicato ancora troppo controverso, dal momento che consiste nel trasferimento di DNA dei genitori nell'ovulo di una donatrice: dinanzi all'ipotesi di un figlio risultante dal materiale genetico di tre persone la perplessità è ancora particolarmente forte per una parte dell'opinione pubblica.

Le equipe di scienziati del Wellcome Trust e dell'Università di Newcastle, tuttavia, non sono intenzionate ad abbandonare le ricerche: per ora si sono asssicurate sei milioni di sterline per approfondire gli studi e portare a nuovi gradi di sviluppo questa tecnica rivoluzionaria. All'interno delWellcome Trust Centre for Mitochondrial Research, nell'Università di Newcastle si lavorerà, in attesa che la legge britannica giunga a decidere cosa sia preferibile per i cittadini.

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