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Disboschiamo l’Amazzonia da 3.000 anni: svelato il mistero di 450 disegni sul terreno

Sono generalmente quadrati o circolari e possono raggiungere alcune centinaia di metri di diametro. I primi furono scoperti negli anni ’70, ma a causa del disboscamento nel corso degli anni ne sono stati rivelati oltre 400.
A cura di Andrea Centini
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Un team di ricerca internazionale guidato da archeologi brasiliani e inglesi ha analizzato l'impatto ambientale dei misteriosi geoglifi nello Stato di Acre in Brasile, scoprendo che la preziosa foresta amazzonica veniva intensamente disboscata dagli esseri umani sin dall'antichità. I geoglifi, 450 enormi disegni sul terreno che nel complesso occupano un'area di circa 13 mila chilometri quadrati, furono realizzati tra i tremila e i mille anni fa; i primi vennero scoperti a partire dagli anni '70, quando iniziarono le massive opere di disboscamento del ‘polmone verde' del nostro pianeta. Molti altri sono stati rinvenuti nei decenni successivi, tuttavia l'interesse della comunità scientifica su queste strutture è maturato soprattutto di recente. I disegni, realizzati con muretti di pietra, possono essere assimilati alle ben più famose ‘Linee di Nazca' peruviane, ma essi sono molto più semplici dal punto di vista geometrico, dato che generalmente sono di forma quadrata e circolare.

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Un geoglifo circolare nello Stato di Acre, Brasile

Secondo gli studiosi coordinati dalla dottoressa Jennifer Watling, ricercatrice presso il Museo di Archeologia ed Etnografia dell'Università di San Paolo, i geoglifi avevano probabilmente un ruolo in qualche rituale di gruppo, dato che a causa degli scarsissimi manufatti recuperati in loco non si trattava sicuramente di villaggi o strutture difensive. Per realizzarli, le popolazioni hanno eliminato grandi tratti di foresta, ma invece di farlo indiscriminatamente si sono concentrate sulle piante che potevano avere un qualche interesse economico, come le palme e il bambù: “Il fatto che questi siti siano rimasti nascosti per secoli sotto la foresta ricresciuta sfida il pensiero che le foreste amazzoniche siano ecosistemi incontaminati”.

I ricercatori hanno ricostruito gli ultimi seimila anni di storia della vegetazione locale, determinando che queste antiche pratiche hanno indubbiamente avuto un impatto sull'attuale biodiversità: “Il fatto che le foreste siano state sfruttate dalle popolazioni indigene, prima dell'arrivo degli europei, non deve naturalmente essere una giustificazione per le odierne pratiche distruttive e non sostenibili”, ha sottolineato la Watling. I dettagli dello studio sono stati pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences.

[Foto di Jennifer Watling]

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