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Dieta universale per proteggere salute e pianeta: la ‘ricetta’ della rivista The Lancet

Un team di ricerca composto da una quarantina di scienziati, tra i quali massimi esperti mondiali della nutrizione, hanno messo a punto una dieta ‘universale’ che aiuterebbe a proteggere la nostra salute e al contempo promuovere la sostenibilità ambientale. Ricca di frutta e verdura e povera di carne, è strettamente associata alla Dieta Mediterranea.
A cura di Andrea Centini
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Credit: PhotoMIX-Company
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Una dieta ‘universale' pensata per proteggere la nostra salute e quella della Terra, anche e soprattutto in ottica futura, tenendo presente che entro il 2050 il pianeta sarà popolato da 10 miliardi di persone, con problemi molto differenti in termini di bisogni nutrizionali. A proporla all'interno del rapporto “Food in the Anthropocene: the EAT-Lancet Commission on Healthy Diets for Sustainable Food Systems”, un team di 37 scienziati provenienti da 16 Paesi, tra i quali massimi esperti internazionali di nutrizione come il professor Walter Willett dell'Università di Harvard e l'inventore del ‘chilometro zero' Tim Lang. Pubblicato sull'autorevole rivista scientifica The Lancet, il rapporto della commissione EAT-Lancet è stato finanziato dalla fondazione Wellcome Trust e dalla Stordalen Foundation, della coppia norvegese Petter e Gunhild Stordalen.

Sapore mediterraneo. Il modello alimentare proposto dagli studiosi è plasmato attorno allo ‘scheletro' della Dieta Mediterranea, riconosciuta tra i patrimoni orali e immateriali dell'umanità dall'UNESCO e considerata una delle più salubri in assoluto. In un regime ovviamente flessibile, la dieta universale prevede l'assunzione di 2.500 calorie quotidiane, ripartite in 500 grammi di frutta e verdura; 230 di cereali integrali; 250 di latticini; 75 di legumi; 50 di noci; 31 di zuccheri e 13 di uova. Per quanto concerne le carne sono invece contemplati 29 grammi di pollo; 28 di pesce e 14 di carni ovine, bovine o suine. Aggiustando le dosi su un programma settimanale, la carne rossa consumabile sarebbe pari a quella di un solo hamburger ogni sette giorni, un ‘dramma' soprattutto per americani e canadesi, che consumano (in media) sei volte le quantità raccomandate dall'OMS per questo alimento.

Meno allevamenti. Gli autori del rapporto sottolineano che se globalmente ci impegneremo a seguire questo modello non solo eviteremo milioni di morti causati dalle cattive abitudini alimentari, ma tuteleremmo anche la sostenibilità ambientale. Consumare meno carne rossa, del resto, significa meno allevamenti, tra i principali fattori dell'impatto antropico sull'ambiente: richiedono infatti enormi risorse in termini di terreni e acqua, oltre a immettere in atmosfera ingenti quantità di metano. Gli scienziati, che puntano il dito contro gli sprechi alimentari, propongono inoltre anche una vasta revisione del settore agricolo, al fine di ridurre la deforestazione e il depauperamento delle preziose risorse idriche.

Uno sforzo collettivo. Diverse ricerche hanno associato il consumo di carne rossa a cancro e patologie cardiovascolari, che rappresentano la principale causa di morte in Occidente, tuttavia nel rapporto su The Lancet questo alimento non viene completamente demonizzato. Se da un lato, per aderire alla dieta universale, le popolazioni del Nord America dovrebbero necessariamente abbatterne il consumo, da un altro quelle dell'Asia meridionale dovrebbero aumentarlo. Soprattutto nei bambini si riscontrano infatti importanti carenze proteiche di origine animale. È una questione di equilibrio globale che secondo gli studiosi potrà essere raggiunto solo coinvolgendo governi, istituzioni e aziende di tutto il mondo, col fondamentale supporto del mondo dell'educazione.

Lo studio supportato da Fondazione Barilla. "Il nuovo rapporto della EAT Lancet Commission, del quale condividiamo e sosteniamo le conclusioni – ha dichiarato Anna Ruggerini, Direttore Operativo della Fondazione Barilla – dimostra ancora una volta come occorra cambiare urgentemente rotta: l’equilibro tra gli esseri umani e le risorse naturali del pianeta si può ottenere solamente attraverso un’azione trasformativa degli attuali sistemi alimentari, mettendo in campo opportunità che già abbiamo a portata di mano: promuovere la conoscenza e le azioni a favore delle diete sostenibili; sviluppare modelli sostenibili sull’uso del suolo in agricoltura, nell’industria, nelle città e nelle comunità; promuovere ricerche e analisi per monitorare i progressi raggiunti da tutti i Paesi e stabilire un benchmark valido e scientifico per i decisori politici; contribuire ad un sistema educativo per promuovere la cittadinanza globale e innovazione”.

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