I biologi della Università della California (San Diego) sono riusciti a coltivare alghe in grado di produrre un vaccino contro la trasmissione del parassita che causa la malaria. Un risultato che potrebbe aprire la strada per lo sviluppo di un modo non costoso per proteggere i miliardi di persone che vivono in Paesi dove è diffusa una delle malattie più debilitanti al mondo.
La malaria (detta anche paludismo) è una parassitosi provocata dal protozoo del genere Plasmodium, di cui quattro sono le specie più diffuse. Di queste, la più pericolosa è Plasmodium falciparum, con il più alto tasso di mortalità fra i soggetti infettati. I vettori sono le zanzare del genere Anopheles, diffuse nei territori tropicali e sub-tropicali. Il quadro clinico è caratterizzato da febbre acuta periodica, cefalea e sindromi gastroenteriche. Un complicazione terribile dell’infezione è la malaria cerebrale, ascrivibile ad una diffusa encefalopatia che può portare al coma e, nei bambini, a danni strutturali del cervello. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), pubblicati nel World Malaria Report 2011 , i casi di malaria stimati nel mondo erano circa 216 milioni nel 2010 con circa 655 mila decessi. La maggior parte dei casi sono stati registrati nel continente africano. Mentre per i viaggiatori è disponibile una varietà di farmaci antimalarici spesso costosi, ancora non esiste un vaccino efficace per prevenire l’infezione e la diffusione endemica della malattia, soprattutto nei Paesi dove la distribuzione di medicinali risulta difficile a causa di dissesti locali, come guerre civili e ostacoli logistici.
Il vaccino sintetico
Una delle maggiori difficoltà nel creare un vaccino antimalarico in laboratorio è il fatto che si devono produrre strutture proteiche complesse e tridimensionali somiglianti a quelle del parassita per indurre una corretta produzione di anticorpi atti a prevenire la malaria. La maggior parte dei vaccini creati con batteri ingegnerizzati ha portato a proteine relativamente semplici, poco efficaci nei mammiferi come il topo e l’uomo. Inoltre, queste proteine vengono ricoperte da uno strato di zuccheri. Questo fa sì che l’organismo tende a sviluppare anticorpi contro lo zucchero piuttosto che contro la proteina sottostante. "Il parassita della malaria sviluppa proteine complesse, ma per qualche ragione non le riveste con zuccheri", ha spiegato Stephen Mayfield, autore principale della ricerca. In laboratorio esisterebbe già la possibilità di creare proteine complesse utilizzando colture cellulari di mammifero. Purtroppo si tratta di un processo molto costoso e di conseguenza è impensabile la produzione di un farmaco su larga scala. Nel novembre del 2011 è stata diffusa la notizia che un vaccino in corso di sperimentazione ha avuto successo nel 47% dei pazienti trattati, che sarebbero quindi risultati protetti dall'infezione del parassita. Dopo 25 anni di studio da parte di una casa farmaceutica in collaborazione con varie associazioni, ci vorranno ancora alcuni anni per capire se l'efficacia di questo farmaco possa dichiararsi provata. Tuttavia, un vaccino non solo dovrebbe assicurare una copertura maggiore, ma soprattutto essere economicamente disponibile su larga scala, in particolare se si tratta di una malattia diffusa a livello endemico in Paesi in via di sviluppo.
Prospettive dal mondo vegetale
Sono le alghe, organismi vegetali acquatici molto semplici, a darci una speranza. Due anni fa, un gruppo di ricercatori dell’Università della California di San Diego diretti da Mayfield, hanno pubblicato uno studio, il quale dimostra che molte proteine complesse, come anticorpi e ormoni della crescita, possono essere prodotte proprio da queste cellule vegetali. L'intuizione dei biologi è stata quindi quella di produrre le proteine del Plasmodio della malaria con l'aiuto di un'alga commestibile verde Chlamydomonas reinhardtii, ampiamente utilizzata nei laboratori di ricerca come organismo modello. Le sue cellule sono infatti in grado di riprodurre fedelmente le proteine del parassita. Iniettando queste in un mammifero, un topo per esempio, viene indotta la formazione degli anticorpi specifici contro l’agente patogeno. In questo modo viene bloccata la trasmissione della malattia, quando il topo viene punto dalla zanzara portatrice del Plasmodio. La sensazionale scoperta è stata pubblicata dai ricercatori su PLoS ONE i quali tuttora stanno lavorando per sviluppare modi per diagnosticare, prevenire e curare la malaria. Le alghe possono potenzialmente fornire il vaccino su larga scala a costi contenuti, perché facilmente coltivabili: crescono in qualsiasi luogo del pianeta, in stagni o addirittura nelle vasche da bagno. «Questo studio ci dice due cose: le proteine ottenute dalle alghe sono candidate ideali per un vaccino salvavita. Inoltre, abbiamo la possibilità di produrrne una quantità sufficiente al punto di pensare di poterlo rendere disponibile per due miliardi di persone», ha detto Mayfield.
Gli scienziati, che hanno presentato una domanda di brevetto sulla loro scoperta, hanno detto che il passo successivo sarà la verifica se queste proteine create dalle alghe sono efficaci anche nell’uomo, oltre che nei topi e poi, chissà, se in futuro sarà possibile arrivare alla vaccinazione non iniettando le proteine, ma mangiando direttamente le alghe.