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Dal DNA il segreto per fermare l'AIDS?

In alcuni pazienti in cui la patologia progredisce in una maniera sorprendentemente lenta, i ricercatori del San Raffaele di Milano avrebbero individuato 47 variazioni in una precisa porzione del genoma; la scoperta potrebbe aprire la strada verso nuove strategie di prevenzione?
A cura di Nadia Vitali
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In alcuni pazienti in cui la patologia progredisce in una maniera sorprendentemente lenta, i ricercatori del San Raffaele di Milano avrebbero individuato 47 variazioni in una precisa porzione del genoma, la scoperta potrebbe aprire la strada verso nuove strategia di prevenzione

La progressione della malattia non avviene nei medesimi modi in tutti i pazienti sieropositivi; esiste, anzi, un bassissimo numero di soggetti (tra l'1 ed il 2%) tra tutte le persone che hanno contratto l'infezione in cui, in assenza di terapia antiretrovirale, il sistema immunitario reagisce naturalmente alla replicazione del virus riuscendo a tenere stabilmente sotto controllo la patologia, anche per periodi di tempo molto lunghi.

Questi individui vengono definiti LNTP, Long term non progressors, e proprio su di essi si è concentrato l'ultimo studio condotto dal Consorzio GISHEAL finanziato dalla Commissione Europea e coordinato dal San Raffaele di Milano. I ricercatori hanno lavorato su un gruppo di 144 persone, tutte sieropositive che non avevano manifestato, nel tempo, le caratteristiche della normale progressione della patologia, confrontando il loro profilo genomico con quello del gruppo di controllo composto da 605 individui, tutti recentemente infettati.

Gli studiosi hanno osservato la presenza di 47 varianti genetiche proprio nel DNA dei soggetti LNTP: nello specifico, in un'area particolare in cui sono presenti i geni del «Complesso Maggiore d'Istocompatibilità». In precedenza, altre ricerche avevano dimostrato che alcuni geni MHC di Classe I avevano un ruolo nel controllo spontaneo della replicazione del virus HIV; il nuovo studio ha evidenziato come i geni MHC di classe III sono coinvolti nella produzione di proteine responsabili dell'«immunità naturale».

La scoperta di questi «marcatori genetici di resistenza naturale all'AIDS» secondo quanto affermato dal professore di Patologia Generale ed Immunologia  Guido Poli, che ha coordinato la ricerca, aprirà la strada ad interessanti sviluppi negli studi sulla resistenza alla malattia.

Questo lavoro scientifico potrebbe portare alla scoperta di nuovi aspetti della risposta immunitaria, sia specifica che innata, importanti per la messa a punto di strategie di prevenzione generale dell'infezione quali i vaccini, potenzialmente in grado di avere un impatto fondamentale sulla corrente pandemia da HIV.

Purtroppo, però, per il momento i fondi europei sono terminati ma l'augurio dei ricercatori è quello di trovare quanto prima nuove strade per finanziare le ricerche in questo senso, vista l'urgenza di qualunque questione riguardi questa terribile malattia, flagello, per ora ancora troppo violento, dei nostri tempi.

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