Dai farmaci “a RNA” una speranza per fermare il coronavirus: cosa sono e come funzionano
Per combattere la COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, sono in sviluppo molteplici farmaci e vaccini di nuova concezione nei laboratori di tutto il mondo, alcuni dei quali si stanno dimostrando molto efficaci nelle terapie sperimentali e negli studi clinici. Il primo medicinale appositamente progettato contro il patogeno emerso in Cina ad essere approvato (in uso d'emergenza dalla Food and Drug Administration americana) è stato l’anticorpo monoclonale della casa farmaceutica di Eli Lilly LY-CoV555 – nome commerciale bamlanivimab – che ha dimostrato di abbattere il tasso di ricovero nei pazienti trattati precocemente. Naturalmente l'arsenale di medicinali in sperimentazione o già sul campo si basa su un variegato ventaglio di tecnologie, e tra le più promettenti figurano quelle basate sull'acido ribonucleico RNA. Per fare un esempio, il vaccino candidato “BNT162” messo a punto dal colosso farmaceutico Pfizer e dalla società di biotecnologie BioNTech è proprio un vaccino a RNA, o meglio a mRNA, che sta per RNA messaggero. Ma come funziona esattamente questa tecnologia?
A spiegarlo in modo semplice e chiaro è l'immunologo, docente e divulgatore scientifico Roberto Burioni, che ha pubblicato un articolo ad hoc sul proprio sito “anti bufale” Medical Facts. Innanzitutto lo scienziato ha dettagliato il significato dei termini in gioco e spiegato come funziona il processo di produzione di proteine nel nostro organismo, intimamente connesso al ruolo degli acidi nucleici DNA ed RNA (il primo termine è l'acronimo di acido desossiribonucleico, il secondo, come indicato, di acido ribonucleico). Burioni ha indicato che per produrre/sintetizzare le proteine, fondamentali alla nostra sopravvivenza, le cellule sfruttano le informazioni contenute nel DNA di una molecola chiamata mRNA o RNA messaggero, appunto, avvalendosi di un enzima chiamato RNA polimerasi. L'RNA si chiama messaggero perché porta il “progetto” delle proteine (le informazioni per produrle) a organuli chiamati ribosomi, che sono i veri artefici della sintesi proteica.
Questa premessa è fondamentale per capire come agisce una vaccino a mRNA, come quello di Pfizer. Come specificato da Burioni, “i vaccini tradizionali sono spesso basati su proteine virali, che vengono prodotte in laboratorio in grandi quantità, raccolte, purificate e poi ‘imbottigliate' e iniettate nel paziente per indurre una risposta immunitaria”. Il BNT162 si basa su un processo più affascinante e in qualche modo più elegante e raffinato di questo, dato che invece di passare per la somministrazione diretta delle proteine virali del SARS-CoV-2, spinge il nostro organismo a produrle per “presentarle” al sistema immunitario, che così le riconosce come estranee e le distrugge, sviluppando l'agognata immunità. Come avviene questo processo? Semplicemente, attraverso l'iniezione diretta nelle cellule di RNA messaggero contenente le informazioni delle proteine del coronavirus, e più nello specifico quelle della proteina S o Spike, sfruttata dal patogeno per legarsi alle cellule umane, rompere la parete cellulare, riversare all'interno l'RNA virale e dare il via alla replicazione, che determina l'infezione chiamata COVID-19. Somministrando l'mRNA, spiega Burioni, i ribosomi “credono che sia un ordine che arriva dal DNA”, pertanto iniziano a sintetizzare la proteina che, una volta in circolo, innesca la reazione immunitaria, determinando la produzione degli anticorpi neutralizzanti. La soluzione sembra essere particolarmente efficace, come mostrano gli studi clinici condotti sino ad oggi sul vaccino di Pfizer, e anche sicura, al netto di effetti collaterali lievi come dolore al sito dell'iniezione, febbre, mal di testa e via discorrendo, che del resto emergono anche dopo un comune vaccino antinfluenzale.
Oltre ai vaccini a mRNA, come quello sopraindicato, contro il coronavirus sono in sviluppo anche altre tipologie di medicinali basate su una tecnologia affine, i cosiddetti farmaci a RNAi. In questo caso con la lettera i si intende il termine “interference”, e dunque in italiano "interferenza dell'RNA". In parole semplici, questi medicinali si basano su una tecnologia in grado di interferire con la produzione di proteine da parte del coronavirus SARS-CoV-2 silenziando determinati geni, col risultato che viene neutralizzato. I ricercatori Anastasia Khvorova e Jonathan Watts della Scuola di Medicina dell'Università del Massachusetts (Umass Medical School) stanno sviluppando proprio un cocktail di piccoli RNA interferenti (siRNA) e di cosiddetti oligonucleotidi antisenso (ASO) specifici per distruggere il SARS-CoV-2. Queste molecole sono progettate per impedire al virus di replicarsi e di sovraccaricare le cellule che invadono; per farlo, una volta iniettate, si legano all'RNA messaggero e lo distruggono, bloccando di fatto la catena di montaggio delle proteine e il processo di replicazione. Ricordiamo che il coronavirus SARS-CoV-2 è un virus a singolo filamento (lunghissimo, ben 30mila coppie di basi o nucleotidi) con un genoma composto da RNA, e sono state identificate dagli scienziati diverse regioni genomiche che possono essere "colpite" da farmaci altamente specifici, come quelli sviluppati dall'ateneo statunitense. Nello studio “Prospects for RNAi Therapy of COVID-19” pubblicato su Frontiers in Bioengineering and Biotechnology viene sottolineato che terapie sperimentali basate sull'interferenza dell'RNA sono molto promettenti, in particolar modo quelle che potrebbero essere somministrate per via inalatoria.