Curiosity svela tracce di Metano su Marte
Il metano non c’è. Però c’è stato. Anzi, se c’è potrebbe essere comunque non necessariamente di origine organica. Queste contrastanti affermazioni riassumono gli orientamenti degli ultimi tempi relativamente alle esplorazioni di Marte ad opera di Curiosity: del resto sono prevedibili, dal momento che le osservazioni si sono articolate, e si articoleranno, entro un periodo di tempo prolungato che porterà probabilmente a ulteriori scoperte.
Oscillazioni nei valori del metano
Per il momento, comunque, in base alla conferenza stampa tenuta dalla NASA il 16 dicembre possiamo iniziare a confermare la presenza di tracce di metano nell'atmosfera: non una grande novità, dato che già nel 2004 se ne era accorta la sonda ESA Mars Express. Tuttavia adesso abbiamo nuovi interessanti dati: grazie al “naso” del laboratorio Sample Analysis Mars (SAM) a bordo del rover, Curiosity ha potuto “sniffare” il metano presente nell’aria una dozzina di volte lungo un periodo di circa 20 mesi.
Durante due di questi mesi, tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, quattro misurazioni hanno captato un livello medio di sette parti per miliardo: ma prima e dopo i dati suggeriscono concentrazioni più basse, addirittura pari ad un decimo. Questo significa che c’è qualcosa che “rilascia” metano nell’aria: ma cosa? «Possiamo imparare di più sulla chimica attiva che è all’origine di tali fluttuazioni nella quantità di metano nell’atmosfera?» si chiede John Grotzinger, Curiosity project scientist del California Institute of Technology di Pasadena.
Le scoperte non finiscono qui perché Curiosity ha anche individuato la presenza di sostanze chimiche organiche in polvere, in particolare clorobenzene, in una roccia che viene detta Cumberland: si tratta della prima definitiva rilevazione di sostanze organiche nei materiali che compongono la superficie di Marte.
Ma il metano non è necessariamente la firma della vita
Sia ben chiaro, siamo ancora ben distanti dal qualunque tipo di conclusione; i materiali organici, ad esempio, potrebbero essere giunti sul Pianeta Rosso grazie a dei meteoriti. Le stesse molecole organiche, che contengono in genere carbonio ed idrogeno e sono indicate come i mattoni fondamentali della vita, potrebbero naturalmente esistere anche in assenza di vita. I risultati delle analisi di Curiosity sull'atmosfera e sui campioni di materiale roccioso, quindi, non sono in grado di comunicarci se realmente Marte abbia mai ospitato vita microbica: tuttavia possono dirci molto a proposito del’attività chimica moderna nonché sulla possibilità di condizioni che in passato avrebbero favorito la vita su Marte.
Insomma, gli esperti non sono intenzionati a sbottonarsi (giustamente la conoscenza non ha bisogno di annunci epocali): perché è vero che il metano è il frutto della decomposizione di materiale organico in assenza di ossigeno, ma è ugualmente possibile che il gas può essere generato da processi che non richiedono alcun microrganismo vivente, come ad esempio la reazione tra l’acqua e le rocce composte da olivina.
L'acqua su Marte
I rilievi di SAM hanno consentito anche di approfondire aspetti legati alla storia idrica marziana: l’analisi dell’acqua, intrappolata nella stessa roccia Cumberland e localizzata in quello che un tempo fu il letto di un vasto lago più di tre milioni di anni fa, indica come il Pianta abbia perso molta acqua prima che si formasse quell'area e come abbia continuato a perderne grandi quantità anche successivamente. Analizzando il rapporto tra idrogeno e deuterio (l’isotopo dell’idrogeno stabile con un neutrone e un protone nel nucleo) e comparando il valore con quello degli oceani terrestri, è risultato che quello marziano è superiore di circa tre volte a quello terrestre: gli esperti spiegano che questo, partendo dal presupposto che i bacini idrici marziani presentassero un rapporto analogo a quello dei nostri oceani, indicherebbe una importante perdita di acqua da parte del Pianeta Rosso che sarebbe avvenuta prima della formazione della roccia. Il rapporto D/H presente nella roccia è stato, infatti, confrontato anche con quello dell’atmosfera marziana, per comprendere come si è evoluto nel tempo: ne è risultato che quello ritrovato nella Cumberland è la metà di quello presente nei vapori dell’atmosfera, suggerendo quindi una formazione successiva ad una abbondante perdita dell’acqua.