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Creato un “embrione” umano in laboratorio in soli tre giorni: ecco a cosa servirà

Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Università di Exeter ha creato la fase iniziale dell’embrione umano (blastocisti) in laboratorio in soli 3 giorni. La procedura, definita “semplice ed efficiente” dagli autori dello studio, si basa su cellule staminali pluripotenti naive fatte aggregare in un piatto di coltura grazie a due molecole.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Università di Exeter
Credit: Università di Exeter

Creato in laboratorio lo stadio iniziale dell'embrione umano (chiamato blastocisti) facendo aggregare le cellule staminali. Il rivoluzionario risultato è stato ottenuto in soli tre giorni grazie a una procedura “semplice ed efficiente”, come affermato dal team di ricerca internazionale autore del lavoro. Già altri due gruppi di studiosi (statunitensi e australiani) avevano raggiunto recentemente una simil-blastocisti, ma attraverso un meccanismo molto più complesso. Poter disporre di “embrioni” umani creati in provetta aiuterà i ricercatori a comprendere più a fondo i processi biologici legati alla fertilità e alla riproduzione, permettendo di scoprire nuovi metodi per combattere l'infertilità, evitare aborti e complicazioni che possono sfociare in malattie congenite.

A sviluppare l'“embrione” umano in provetta è stata una squadra multidisciplinare guidata da scienziati dell'Università di Exeter, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Wellcome-MRC Cambridge Stem Cell Institute – Jeffrey Cheah Biomedical Center dell'Università di Cambridge e del Guangzhou Institutes of Biomedicine and Health (GIBH) dell'Accademia cinese delle scienze. Gli scienziati, coordinati dal professor Austin Smith, direttore presso il Living Systems Institute dell'ateneo del Regno Unito, sono giunti al risultato finale dopo aver scoperto che le cellule staminali umane – nello specifico le cellule staminali pluripotenti “naive” – erano in grado di generale gli elementi alla base della blastocisti, la fase basale dell'embriogenesi (dopo l'agglomerato cellulare chiamato morula).

Il professor Smith e i colleghi hanno sviluppato una tecnica per organizzare queste particolari staminali in “cluster” in un piatto di coltura. Servendosi di due molecole in grado di influenzare il comportamento delle cellule allo stadio iniziale dello sviluppo, i cluster di cellule staminali si sono raggruppati dando vita in soli 3 giorni a una struttura molto somigliante alla reale blastocisti umana (una sfera composta da circa 200 cellule che si sviluppa in 5-6 giorni). Dal punto di vista squisitamente scientifico, le procedure che hanno permesso la formazione dell'embrione artificiale sono state l'inibizione della chinasi proteica attivata da ERK / mitogeno (MAPK) e la segnalazione nodale. Un aspetto particolarmente significativo della simil-blastocisti il fatto che si mostrava l'attivazione degli stessi geni che si osservano nei reali embrioni umani.

“Scoprire che le cellule staminali possono creare tutti gli elementi di un embrione precoce è una rivelazione. Le cellule staminali provengono da una blastocisti completamente formata, ma sono in grado di ricreare esattamente la stessa struttura dell'intero embrione. Questo è davvero notevole e apre possibilità entusiasmanti per l'apprendimento dell'embrione umano”, ha dichiarato in un comunicato stampa il professor Smith. Per questi studi, infatti, normalmente vengono utilizzati embrioni di topo, che tuttavia presentano delle sostanziali differenze da quelli umani. I veri embrioni umani disponibili per gli studi sono invece pochissimi. Poterne creare in laboratorio in modo rapido ed efficace spalanca le porte a nuove e significative scoperte scientifiche.

“La nostra nuova tecnica fornisce per la prima volta un sistema affidabile per studiare lo sviluppo precoce negli esseri umani senza l'utilizzo di embrioni. Questo non dovrebbe essere visto come un passo verso la creazione di bambini in laboratorio, ma piuttosto come un importante strumento di ricerca che potrebbe offrire benefici agli studi sulla fecondazione in vitro e sull'infertilità”, ha sottolineato il coautore dello studio Ge Guo. I dettagli della ricerca “Human naive epiblast cells possess unrestricted lineage potential” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica specializza Cell Stem Cell.

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