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Così i batteri stanno restaurando i marmi di Michelangelo

Un team multidisciplinare di restauratori, scienziati e storici ha avviato un pionieristico progetto di restauro dei marmi di Michelangelo all’interno delle Cappelle Medicee. Gli studiosi si sono serviti di batteri in grado di divorare proteine, fosfati, muffe, olii e altri residui organici con estrema efficacia, rimuovendo macchie vecchie di secoli e riportando le opere all’antico splendore.
A cura di Andrea Centini
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Le Cappelle Medicee nel complesso della basilica di San Lorenzo sono tra i luoghi più affascinanti da visitare a Firenze, colmi di storia e capolavori d'arte senza tempo, come le splendide sculture in marmo “firmate” da Michelangelo Buonarroti. Il passare dei secoli, gli interventi per ottenere copie in gesso e soprattutto la tumulazione frettolosa di un cadavere – quello di Alessandro de' Medici, presunto figlio di Lorenzo de’ Medici duca di Urbino – hanno fatto accumulare sporcizia e macchie che nemmeno i trattamenti chimici più recenti sono stati in grado di rimuovere, soprattutto dagli angoli più nascosti. Così, per riportare all'antico splendore le opere del Michelangelo, un gruppo multidisciplinare di restauratori, scienziati e storici ha deciso di sperimentare una soluzione biologica, gel a base di batteri in grado di consumare voracemente lo sporco più duraturo e ostinato.

L'esperimento, indicato come “Top Secret” dalla dottoressa Daniela Manna, una delle restauratrici coinvolte nel progetto, è stato anticipato in un approfondito articolo sul New York Times, nel quale il team di esperti ha spiegato nel dettaglio cosa è stato fatto e in che modo. Non è assolutamente una novità l'utilizzo di microorganismi per ripulire e restaurare opere d'arte – era già avvenuto nel Duomo di Milano con un batterio che si nutre di zolfo e in alcuni monumenti di Pisa -, ma per i capolavori di Michelangelo si è optato per una combinazione di batteri dopo un'accuratissima selezione. A condurla la biologa Anna Rosa Sprocati dell'Agenzia nazionale italiana per le nuove tecnologie (ENEA), che aveva a disposizione un migliaio di ceppi da cui attingere; si tratta di microorganismi solitamente utilizzati “per scomporre il petrolio derivato dalle fuoriuscite o per ridurre la tossicità di metalli pesanti”, come indicato dal New York Times. Alcuni di essi sono in grado di divorare anche fosfati, proteine, colla, olii, silicati e altri composti.

Dopo un'attenta selezione, la dottoressa Sprocati e i colleghi hanno individuato gli otto ceppi più promettenti e li hanno testati su una piccola tavola marmorea tra la tomba del duca di Urbino e la cappella. Grazie a questo test, il batterio più idoneo per questa operazione si è rilevato essere il Serratia ficaria SH7, che ha rimosso agevolmente una macchia rimasta lì per secoli (sin dal 1600 i libri di storia parlano di sporcizia e macchie nell'ultima dimora dei Medici). Come indicato, alcune di esse a base di fosfati sarebbero state provocate dal cadavere di Alessandro, tumulato senza eviscerazione e dunque responsabile di ostinati residui organici. Non a caso l'ex direttrice delle Cappelle Medicee Monica Bietti ha dichiarato che il microorganismo Serratia ficaria SH7 “ha mangiato Alessandro”.

Gel a base di altri batteri come lo Pseudomonas stutzeri CONC11 e il Rhodococcus sp. ZCONT – isolati in una conceria di Napoli e in un terreno contaminato da gasolio a Caserta – hanno invece rimosso residui di muffe, colla e olio dalle parti delicate delle statue sul sarcofago di Giuliano di Lorenzo, duca di Nemours. Sul volto della splendida Notte sono stati utilizzati impacchi di micro-gel di gomma xantana, “uno stabilizzatore spesso presente nei dentifrici e nei cosmetici derivato dal batterio Xanthomonas campestris”, scrive il New York Times. I dettagli di questi eccezionali interventi di restauro, eseguiti tra la fine del 2019 e nel periodo seguente al primo lockdown a causa della pandemia di COVID-19, saranno rilevati in uno studio scientifico nelle prossime settimane.

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