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Cos’è l’encefalopatia ipoglicemica da litchi, la malattia mortale causata dal saporito frutto

I due amminoacidi ipoglicina A e metileniclopropilglicina (MCPG) contenuti nei frutti delle piante Sapindaceae – come il litchi – in determinate condizioni possono scatenare una encefalopatia ipoglicemica, una malattia acuta potenzialmente letale, soprattutto per i bambini. Le sostanze, che provocano grave alterazione metabolica, si trovano in concentrazioni maggiori nei frutti acerbi. Ecco cosa c’è da sapere.
A cura di Andrea Centini
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Credit: greissdesign
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Il dolce e saporito frutto del litchi (Litchi chinensis), una pianta originaria della Cina coltivata nella fascia tropicale e subtropicale del Pianeta, può essere responsabile di una malattia neurologica potenzialmente fatale, un'encefalopatia ipoglicemica estremamente pericolosa per i bambini. Lo dimostra il drammatico caso di oltre trenta piccoli rimasti uccisi a giugno del 2019 nello Stato del Bihar (India settentrionale) dopo aver fatto incetta di frutti. Si è trattato solo dell'ultimo evento di massa in ordine cronologico legato al consumo di litchi. Ecco come e perché questo frutto può uccidere.

Encefalopatia ipoglicemica da litchi

All'interno del litchi, così come in altri frutti di piante appartenenti alla famiglia delle Sapindaceae, si trovano particolari amminoacidi che una volta ingeriti sono in grado di alterare la gluconeogenesi e la β-ossidazione degli acidi grassi. Si tratta di processi legati rispettivamente alla conversione di un composto non glucidico in glucosio e alla produzione dell'acetil-coenzima A (acetil-CoA), fondamentali per il nostro metabolismo. Questi amminoacidi, chiamati ipoglicina A e metileniclopropilglicina (MCPG), si trovano in concentrazioni sensibilmente superiori nei frutti acerbi, ed è proprio la massiccia ingestione di questi ultimi a poter scatenare un'encefalopatia ipoglicemica acuta, come indicato da un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Centro nazionale per il controllo delle malattie (India).

I sintomi dell'Encefalopatia ipoglicemica

L'assunzione di frutti acerbi contenenti i composti di cui sopra può innescare un fortissimo squilibrio metabolico, che induce il crollo dei livelli di zuccheri nel sangue e porta rapidamente a convulsioni, infiammazione cerebrale, incoscienza e morte. Gli effetti sono più repentini nei bambini e negli adolescenti che, dopo aver fatto incetta di litchi acerbi o frutti analoghi come l'ackee (Blighia sapida), per qualche motivo non cenano; a causa di ciò, infatti, non riequilibrano i gravissimi scompensi che gli amminoacidi ipoglicina A e metileniclopropilglicina (MCPG) possono determinare. Nel recente passato l'encefalopatia ipoglicemica scatenata dal litchi veniva scambiata per una malattia infettiva e virale, ma a far luce sulle sue più probabili cause è stato un team di ricerca internazionale che ha pubblicato un articolo nel 2017 sull'autorevolissima rivista scientifica The Lancet Global Health.

Eventi di massa

Le stragi che si sono verificate in India, Bangladesh e Vietnam negli ultimi anni sono legate alla presenza di un numero sempre maggiore di coltivazioni di litchi, cresciute esponenzialmente per favorire le esportazioni all'estero. Nei mesi di maggio e giugno i bambini ne mangiano di più, spesso trascorrendo intere giornate tra i frutteti; è proprio in questo periodo dell'anno che si concentrano le tragedie. La maggiore o minore neurotossicità dei litchi ingeriti sarebbe legata a numerosi fattori quali umidità, temperatura, uso di pesticidi e naturalmente dalla quantità e dalla suscettibilità individuale alle sostanze incriminati. Chi mangia i frutti acquistati al supermercato, come indicano gli scienziati, non rischierebbe per diverse ragioni: innanzitutto si tratta di frutti maturi e non acerbi, dunque con un contenuto sensibilmente inferiore di amminoacidi tossici; in secondo luogo, a causa del costo elevato dei litchi, di solito se ne mangiano pochi e non se ne fa incetta come accade a chi vive intere giornate nelle coltivazioni. Infine, i frutti vengono consumati nel quadro di diete più o meno equilibrate, che comunque riescono a contrastare i potenziali effetti nefasti sui processi metabolici innescati dagli amminoacidi.

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