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Cos’è la Vampire facial? Smettete di iniettarvi il sangue in faccia sperando di ringiovanire

Da diversi anni si è diffusa la moda del “vampire facial”, una pratica di bellezza consistente nel farsi iniettare in faccia il proprio plasma arricchito di piastrine, la pratica è sicura solo se le cliniche evitano di riutilizzare aghi infetti, come sarebbe successo recentemente in una spa americana. Ma funziona davvero?
A cura di Juanne Pili
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La "vampire facial" è una moda di bellezza lanciata da diversi Vip americani, consistente nell'iniettarsi in faccia il proprio plasma arricchito di piastrine, questo aiuterebbe ad eliminare le rughe. Lanciata in pompa magna da diverse star di Instagram e della televisione – come Bar Refaeli e Kim Kardashian – non sembra aver dimostrato in ambito scientifico dei risultati rilevanti. Ad Albuquerque nel New Mexico una spa che pratica la vampire facial è stata chiusa dalle autorità sanitarie, perché potrebbero essere stati utilizzati degli aghi infetti nell’effettuare questo curioso trattamento di bellezza. A comunicarlo è proprio il Dipartimento sanitario dello Stato (NMDOH). Tra le malattie che i clienti possono aver contratto c'è anche l’epatite C, non si escludono nemmeno infezioni da Hiv. Lasciando la recente questione di cronaca agli inquirenti, ci interessa capire di cosa si tratta e se tale trattamento abbia una reale efficacia.

Cos’è la vampire facial?

La vampire facial mette in pratica una terapia già nota, consistente nell’iniettarsi del plasma arricchito di piastrine generalmente ricavato dal proprio sangue, cosa che se non si effettuano scambi di aghi da un paziente all’altro non dovrebbe comportare dei rischi. Il sangue viene prelevato e centrifugato per estrarne le piastrine, queste vengono poi messe in sospensione nel plasma. Nel caso del vampire facelift le iniezioni sono sottocutanee, vengono effettuate nel viso con dei micro-aghi, oppure viene applicato mediante uno “scrub”. Tale pratica servirebbe ad attenuare le rughe. Si tratta insomma di un trattamento anti-età. Inizialmente tale tecnica veniva usata solo per accelerare la guarigione di certe ferite, ma nel 2010 il Dr. Charles Runels dell'Alabama registrò il termine "Vampire Facelift", approfittando della mania della saga di Twilight, rendendo la procedura appetibile anche dal punto di vista dei trattamenti estetici. Da quel momento diverse celebrità, come Bar Refaeli e Kim Kardashian, hanno contribuito con la loro esperienza a rendere le cliniche attrezzate per questo trattamento molto popolari, soprattutto nei paesi di lingua inglese.

Perché non è dimostrata l’efficacia

In sostanza stiamo parlando di "iniezioni di plasma ricco di piastrine”, le cliniche adibite a questa pratica sono molto diffuse soprattutto in Australia. Certamente le iniezioni di plasma sono state utilizzate per molto tempo come trattamento per varie lesioni, soprattutto in ambito sportivo. Tuttavia non esistono sufficienti dati che ne supportino la reale efficacia. Nel 2014 venne realizzato uno studio da parte di un team di ricercatori dell’Università Ondokuz Mayis in Turchia. Ad un gruppo di dermatologi è stato chiesto di effettuare il vampire facial a dei pazienti, poi è stato chiesto ad un secondo gruppo di colleghi di valutarne i risultati. I dermatologi che si offrirono volontari nel primo gruppo diedero punteggi molto positivi, al contrario dei colleghi del secondo gruppo. Forse non parliamo solo di effetto placebo, ma è possibile che i sostenitori di questa pratica siano condizionati anche da dei bias di conferma. Ad oggi il successo del vampire facial sembra più legato ai Vip che hanno fatto da testimonial, più che a concrete evidenze scientifiche. Del resto il nostro organismo non è progettato per rispondere ai canoni di bellezza di una cultura, piuttosto che un’altra. Anche tenendo conto di un impiego più ampio i dubbi non mancano. Gli studi in merito sono ancora inconcludenti, l'efficacia può essere condizionata infatti da diversi fattori, determinati dall’area del corpo da trattare, dall’anamnesi dei pazienti e – nei casi di lesioni – dalla loro entità e cronicità. Qualche risultato sembra essere stato registrato nel trattamento della alopecia maschile, come risulterebbe in uno studio indiano pubblicato nel 2014.

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