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Covid 19

Cosa succede se si prende la Covid prima della seconda dose del vaccino

La vaccinazione con le preparazioni anti COVID di Pfizer-BioNTech e Moderna-NIAID prevede la somministrazione di due dosi, con la seconda a distanza di 3-4 settimane dalla prima. Una singola dose offre comunque un certo grado di protezione, dato che determina la produzione di anticorpi neutralizzanti, ma non è efficace come la doppia dose. Ecco perché è cosa succede in caso di infezione.
A cura di Andrea Centini
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I primi due vaccini approvati in Occidente contro il coronavirus SARS-CoV-2, il BNT162b2 di Pfizer-BioNTech e l'mRNA-1273 di Moderna Inc. e National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), vanno entrambi somministrati con una doppia dose, come avviene per molti altri vaccini (ad esempio quello del morbillo). La ragione risiede nel fatto che se la prima dose – tecnicamente chiamata “priming” – è necessaria per sviluppare la risposta immunitaria, la seconda – o boostè fondamentale per potenziarla e renderla più efficace nella prevenzione della patologia. In altri termini, dopo la prima iniezione vengono prodotti gli anticorpi neutralizzanti contro l'antigene – nel caso specifico la proteina S o Spike del coronavirus -, ma è solo con la seconda che vengono prodotti in quantità sufficiente per garantire una elevata protezione, grazie alla generazione delle cosiddette “cellule della memoria B” che hanno il ruolo di ricordare l'invasore e produrre un esercito di anticorpi/immunoglobuline all'occorrenza. Secondo uno nuovo studio pubblicato su Science Immunology, la COVID-19 (l'infezione provocata dal coronavirus) determina un'immunità della durata di almeno otto mesi, pertanto si ritiene che quella dei vaccini sia almeno altrettanto prolungata, anche se andrà confermato con indagini ad hoc.

Sia per la preparazione di Pfizer-BioNTech che per quella di Moderna-NIAID, entrambi vaccini basati sull'RNA messaggero (mRNA), la somministrazione della seconda dose è prevista a 3-4 settimane dalla prima, dunque c'è una finestra di tempo abbastanza ampia durante la quale si è coperti solo dalla prima. In base ai grafici diffusi dalla Food and Drug Administration (FDA) americana, l'agenzia deputata alla regolamentazione di prodotti alimentari, terapie sperimentali e farmaci, fino al decimo giorno circa la curva delle infezioni risulta sovrapposta sia nei pazienti trattati con placebo che in quelli trattati col vaccino, per poi iniziare a divergere e a salire in modo vertiginoso solo nel gruppo placebo. Ciò significa che già dopo una singola iniezione si determina una erta protezione dal SARS-CoV-2, che tuttavia non è ancora sufficiente. Nel caso del vaccino di Pfizer e BioNTech, ad esempio, come riportato nel documento dell'approvazione diffuso dalla FDA, l'efficacia della singola dose entro i 21 giorni è dell'82 percento, mentre a 14 giorni dalla seconda dose essa è di circa il 95 percento. Oltre il 21esimo giorno non ci sono dati sufficienti. Anche nel documento dedicato all'approvazione del vaccino di Moderna-NIAID è specificato che “sembra esserci una certa protezione contro la COVID-19 dopo una dose”, tuttavia, aggiunge l'FDA, i dati non sono sufficienti per avere informazioni “sulla protezione a lungo termine oltre i 28 giorni dopo una singola dose”.

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Insomma, con una singola dose una certa protezione la si ottiene, ma non è paragonabile a quella delle due dosi, di conseguenza vi è sicuramente un rischio maggiore di contrarre l'infezione rispetto alla somministrazione doppia. Basti pensare che, analizzando i dati relativi ai casi gravi dopo una singola iniezione del vaccino di Moderna o placebo, l'FDA ha rilevato due casi severi nel gruppo trattato col vaccino e quattro in quelli del gruppo placebo. Con la doppia dose si determina invece una protezione completa contro la forma grave dell'infezione. Per quanto concerne il vaccino AZD1222 messo a punto in collaborazione tra scienziati dello Jenner Institute dell'Università di Oxford, dell'azienda di biotecnologie italiana Advent-Irbm (Pomezia) e della casa farmaceutica AstraZeneca, è stata diffusa una nota nella quale si specifica che "dopo almeno 21 giorni dalla somministrazione della prima dose non ci sono stati casi gravi", mentre dieci pazienti del gruppo di controllo sono stati ricoverati, due di essi hanno sviluppato la forma grave della COVID-19 e uno ha perso la vita. In questo caso la singola dose sembrerebbe essere stata più efficace in termini preventivi.

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Alla luce di questi risultati si può dunque concludere che è possibile contrarre l'infezione sintomatica tra la prima e la seconda dose del vaccino, e che in alcuni casi si possa determinare anche quella grave, poiché la protezione non è paragonabile a quella offerta dalla doppia dose standard. Pertanto la raccomandazione è quella di attenersi alla somministrazione standard con due dosi quando arriverà il proprio turno. La campagna vaccinale è ormai in procinto di partire anche in Italia (e nel resto d'Europa); a partire dal prossimo 27 dicembre verranno effettuate le prime iniezioni presso l'istituto Lazzaro Spallanzani di Roma, mentre si spera di vaccinare tutti gli italiani entro l'estate-autunno del 2021.

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