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Cosa succede se mangi pasta scaduta

Nelle nostre dispense non è così insolito che spuntino fuori confezioni di pasta scaduta, dimenticate da chissà quanto tempo. A differenza dei prodotti freschi come latte e formaggi, tuttavia, la data indicata non si riferisce a una vera e propria scadenza, bensì al “Termine minimo di conservazione” che fa riferimento al mantenimento delle proprietà organolettiche del prodotto. Ecco cosa succede se consumiamo pasta “scaduta”.
A cura di Andrea Centini
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La pasta è indubbiamente uno degli alimenti più apprezzati e consumati in Italia, pertanto nelle nostre dispense si accumulano facilmente confezioni su confezioni, soprattutto quando si profitta di qualche offerta vantaggiosa. Esiste inoltre un numero significativo di varietà per soddisfare il palato di tutti; dalle minestrine ai formati classici come spaghetti e penne, passando per le forme più “esotiche”, magari legate a qualche tradizione locale. Il risultato di questa abbondanza è che spesso si esagera con le scorte, e alcune confezioni “dimenticate” in fondo alla dispensa finiscono inevitabilmente per scadere. Quando ci troviamo in questa situazione la tentazione di gettarle nella spazzatura è forte; ma sarebbe un errore in buona parte dei casi, perché a differenza di altri prodotti – come ad esempio i latticini -, la pasta (rigorosamente secca), non ha una vera e propria data di scadenza.

Come nel caso del caffè, del riso, delle spezie e di altri prodotti secchi, infatti, il consumo della pasta è regolamentato dal Termine Minimo di Conservazione (TMC), che sulla confezione viene identificato con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro il” seguita dalla data. È una sottile ma estremamente significativa differenza con la formula “Da consumarsi entro il” che magari troviamo sulle confezioni di yogurt, sulle mozzarelle e su altri prodotti freschi. Questi ultimi vanno infatti incontro a naturale deterioramento e conseguente aumento dell'attività microbiologica; superata la data di scadenza possono di fatto diventare un pericolo per la salute – soprattutto se il loro consumo è continuato nel tempo – ed è per questo che vanno gettati. Per i prodotti secchi legati al TMC, d'altro canto, se sono stati correttamente conservati il consumo è sicuro per la salute anche a mesi di distanza dal superamento della data indicata, come riportato dalla Fondazione Veronesi. Tuttavia le proprietà organolettiche – come la consistenza, il sapore e la fragranza – potrebbero risultare sensibilmente alterate, proprio perché il Termine Minimo di Conservazione fa riferimento al mantenimento delle caratteristiche ideali dell'alimento.

Un pacco di pasta scade tipicamente entro un paio di anni, ma come indicato, facendo parte dei prodotti TMC, è possibile consumarli senza alcun pericolo per la salute anche mesi dopo aver superato la data del “preferibilmente il”. Al massimo mangeremo un piatto di pasta con una consistenza e un sapore meno piacevoli del solito, ma non rischiamo conseguenze gastrointestinali e intossicazioni – anche severe – come addentando un pezzo di formaggio scaduto da 60 giorni. È tuttavia fondamentale che la confezione di pasta scaduta sia sigillata e ben conservata, lontana da umidità, fonti di calore e illuminazione diretta del sole, per essere consumata in sicurezza. Se invece si osservano alterazioni del colore, rigonfiamenti sospetti della confezione e altre anomalie visibili è bene gettare tra i rifiuti la confezione di pasta scaduta.

Questi discorsi naturalmente non possono essere fatti per la pasta fresca, che deve essere necessariamente consumata rispettando la data di scadenza riportata sulla confezione. A maggior ragione quando si tratta di pasta all'uovo. Il rischio che la proliferazione di batteri e altri microorganismi possa determinare effetti sulla nostra salute non è da sottovalutare.

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