Cosa sappiamo del ceppo “spagnolo” del coronavirus che si sta diffondendo in tutta Europa
Da quando il coronavirus SARS-CoV-2 ha compiuto lo “spillover” (il salto di specie da un animale all'uomo) circa un anno fa in Cina, il patogeno non è rimasto sempre uguale a sé stesso, ma attraverso mutazioni casuali e innescate negli ospiti replicazione dopo replicazione, ha dato vita a un gran numero di ceppi e varianti, alcuni dei quali ben più diffusi di altri. La variabilità genetica dei virus è un aspetto fondamentale perché alcuni ceppi possono risultare più contagiosi e/o mortali di altri, inoltre se le differenze sono significative nei punti chiave del genoma – come quelli relativi alla proteina S o Spike del nuovo coronavirus -, si potrebbe determinare l'inefficacia di un vaccino. Sembra che a causa della devastante seconda ondata che sta colpendo l'Europa possa esserci proprio una nuova variante del SARS-CoV-2, un ceppo mutato emerso in Spagna che si è rapidamente diffuso nel Vecchio Continente.
A studiare il caso di questo specifico ceppo, chiamato 20A.EU1, è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati svizzeri dell'Università di Basilea, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Politecnico Federale di Zurigo, dell'Istituto di Biologia dei sistemi integrativi (I2SysBio) dell'Università di Valencia-FISABIO, dell'Istituto di Biomedicina di Valencia e del consorzio SeqCOVID-SPAIN. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Emma Hodcroft, genetista evoluzionista presso l'ateneo svizzero, analizzando numerosi genomi virali hanno ripercorso a ritroso la “storia” del ceppo 20A.EU1, fino a circoscriverne la potenziale origine nella Spagna nordorientale, in particolar modo in Catalogna e Aragona. Il patogeno presenta una peculiare firma genetica con ben sei (o più) mutazioni, fra le quali una – chiamata A222V – localizzata proprio sulla proteina Spike, quella che il SARS-CoV-2 sfrutta per legarsi al recettore ACE-2 delle cellule umane, disgregare la parete cellulare, riversare il materiale genetico all'interno e avviare il processo di replicazione, che determina l'infezione (COVID-19).
Hodcroft e colleghi non sanno se queste mutazioni abbiano reso il nuovo ceppo di SARS-CoV-2 più contagioso o mortale, ma dal suo “esordio” nella comunità di agricoltori spagnoli nel mese di giugno, si è rapidamente diffuso in diversi altri Paesi europei. A luglio in Spagna le frequenze erano già superiori al 40 percento, mentre a settembre ha raggiunto una diffusione del 40-70 percento in Svizzera, Irlanda e Regno Unito (prima era scarsamente rappresentato). Sono stati “aggrediti” da 20A.EU1 anche la Norvegia, la Lettonia, i Paesi Bassi e la Francia, dove circola in modo copioso; verosimilmente è presente in abbondanza anche in Italia, Germania e altri Paesi del Vecchio Continente (ma non solo).
Com'è possibile una diffusione così vasta e capillare nel giro di pochissimi mesi, tanto che il ceppo può essere considerato uno dei "motori" principali della drammatica seconda ondata che stiamo vivendo? Gli autori dello studio sono abbastanza convinti che il volano sia stato il turismo incontrollato dei mesi estivi, che dalla Spagna avrebbe fatto propagare il ceppo mutato in tutta Europa. Per questo gli studiosi ritengono che se ci fossero stati controlli più rigorosi negli aeroporti, nelle stazioni e comunque in tutti i luoghi di accesso e uscita della Spagna, forse questa seconda ondata non sarebbe stata così drammatica. Per ora si tratta solo di ipotesi, dato che non è chiaro se effettivamente 20A.EU1 sia più contagioso e letale di altri ceppi circolanti; altri studi proveranno a confermarlo. I dettagli della ricerca “Emergence and spread of a SARS-CoV-2 variant through Europe in the summer of 2020” sono stati pubblicati nel database online MedrXiv, e sono in attesa di revisione tra pari.