Cosa ne sarà dell’Everest?
Se i ghiacciai soffrono in Italia, non c'è ragione di credere che la situazione sia differente per altri picchi del globo terrestre: e infatti le cose stanno esattamente così. Non fa eccezione il monte Everest: anche il tetto del mondo soffre e, davanti agli occhi degli scienziati (e probabilmente non solo), iniziano a manifestarsi i sintomi di un male che colpisce l'intero Pianeta, una febbre di cui è responsabile il genere umano. Siamo quindi condannati ad assistere alla trasformazione di questa frontiera dell'esplorazione umana? Pare proprio di sì.
Ghiaccio in ritirata
Secondo uno studio pubblicato dalla rivista The Cryosphere l'Everest starebbe drammaticamente mutando la propria fisionomia, principalmente a causa delle emissioni di gas serra e del conseguente innalzamento delle temperature: questo processo sembra destinato a proseguire e l'esito potrebbe vedersi nel giro di pochi decenni. Gli scienziati sostengono, infatti, che entro il 2100 assisteremo alla scomparsa dei ghiacciai per un volume pari al 70% che potrebbe arrivare fino al 99%, a seconda di quanto continueranno a crescere le quantità di gas serra nell'atmosfera. E questo nonostante i lievissimi segnali di miglioramento individuati nell'ultimo anno, visibili nel fatto che, almeno per il 2014, le emissioni di anidride carbonica nell'aria non sono aumentate.
Una tale radicale modifica – oltretutto così veloce – nel paesaggio himalaiano potrebbe avere delle conseguenze dirette sui più diversi aspetti sociali e geografici: l'alterazione degli equilibri influirebbe sull'agricoltura così come sulla produzione di energia idroelettrica, ad esempio. L'area attualmente ghiacciata si vedrebbe ridotta notevolmente, esponendo oltre il 90% di quel territorio che oggi è coperto costantemente da un candido manto al rischio di scioglimento nel corso dei mesi più caldi dell'anno.
Meno ghiaccio sui monti, più acqua nei fiumi
Joseph Shea, dell'International Centre for Integrated Mountain Development di Kathmandu, è il primo firmatario dello studio che, assieme ai suoi colleghi francesi ed olandesi, ha studiato i ghiacciai dell'area del bacino del fiume Dudh Kosi, in Nepal, includente le vette più alte del mondo, inclusa quella dell'Everest. Per farlo, il gruppo si è servito di di modelli in grado di calcolare il volume di riduzione previsto. Il lavoro è fondamentale perché le sue conclusioni svelano non soltanto quale potrebbe essere il destino a cui vanno incontro i ghiacciai più celebri, ma anche in che modo questi cambiamenti si rifletteranno sulla geografia dei territori circostanti che potrebbero divenire facilmente oggetto di inondazioni a causa dello scioglimento dei ghiacci.
Proiezioni (e non certezze)
Nel leggere i dati ottenuti dalle simulazioni i ricercatori invitano comunque alla cautela, specificando che i risultati costituiscono soltanto una prima approssimazione di come potrebbero presentarsi le cose. Non è questa, tuttavia, una buona ragione per prenderli alla leggera: anzi, dovrebbe essere un incentivo a studiare sempre più da vicino la situazione. Del resto sappiamo bene che sono diversi gli ecosistemi che mostrano di trovarsi in una evidente fase di sofferenza. Il merito del lavoro è quindi quello di sollecitare a tenere la situazione sotto controllo: augurandosi che sia sufficiente.