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Contro il cancro ai polmoni c’è una sola prevenzione, altro che frutta e verdura

Anche se piacerebbe ai fumatori incalliti non basta un peperone al giorno per proteggersi dal rischio di cancro. Eppure questo è il modo in cui un recente studio è stato interpretato dai media.
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A cura di Juanne Pili
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Un recente studio sullo sviluppo delle cellule tumorali è stato pubblicato sulla rivista di settore Cancer prevention research. Ad uno dei coautori vengono attribuite dichiarazioni piuttosto entusiaste, forse troppo. Si parla di effetti benefici sul "rischio di cancro ai polmoni", soprattutto per i fumatori più incalliti. In realtà le cose stanno in maniera molto diversa.

Cosa dice lo studio originale. Secondo questa ricerca una sostanza contenuta nelle zucche, nei peperoni rossi e nei mandarini, avrebbe mostrato una riduzione della crescita tumorale nei polmoni. Si tratta della beta-criptoxantina (Bcx). Le sperimentazioni sono state fatte soprattutto su cellule tumorali del polmone umano. Come conferma lo studio originale si tratta di esperimenti prevalentemente in vitro. Quindi le cellule sono state estratte e depositate in apposite piastrine da laboratorio, dette "di Petri".

Gli esperimenti in vitro sono solo il primo passo. Il fatto che si ottengano risultati positivi nelle piastrine Petri – in maggior quantità – dipende dal fatto che i tessuti analizzati non si trovano in situazioni reali ma sotto controllo; sulle cavie i risultati positivi cominciano a scemare. Questa è una delle ragioni per cui è indispensabile oggi la sperimentazione animale, ma è anche la ragione per cui appare esagerato il modo in cui la notizia viene riportata dalle agenzie di stampa e dei principali quotidiani nostrani.

Nell'abstract dell'articolo originale troviamo indizi importanti che ridimensionano i risultati. Innanzitutto si precisa che la Bcx da sola non basta, ma richiede meccanismi di sostegno per poterne fare un agente chemio-preventivo. Oltretutto abbiamo anche la conferma che i risultati sono stati ottenuti soprattutto su colture in vitro. Abbiamo chiesto un parere anche a Gaetano Pezzicoli esperto di biomedicina di EduTube Italia:

"Riduzione nella crescita" é il punto di svolta del discorso. Non riduce il rischio, rallenta la crescita. Dato interessante, ma che ce ne facciamo? Se un giorno si sviluppasse un farmaco basato su questi carotenoidi sarò il primo a usarlo, ma se davvero agissero riducendo l'espressione di quei recettori potrebbe avere anche effetti collaterali … bronco-spasmi vari … Scoperta importante, perché aiuta a capire la biologia del tumore al polmone. Ma "strafogarti" di carotenoidi non ti salverà.

A tutto questo si aggiunge il fatto che – secondo chi riporta la notizia nei media italiani – basterebbe una dose giornaliera, equivalente al consumo di un peperone o al limite di due mandarini, per poter mettere al sicuro i fumatori incalliti. Non sta a noi giudicare come questo genere di messaggi possa essere interpretato. Sta di fatto che un principio attivo è diverso dalla pietanza in cui è contenuto. Un po' come il discorso della proverbiale "mela al giorno" e la vitamina C. Esperimenti riguardo ad un'eventuale rallentamento della crescita tumorale non equivalgono alla scoperta di una sostanza in grado di ridurre il rischio di cancro, addirittura nei fumatori.

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