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Covid 19

Come si diffonde su un aereo il coronavirus e quali sono i posti più sicuri

Sulla base di uno studio condotto nel 2018 sulla potenziale trasmissione di un virus respiratorio all’interno di un aereo di linea, è possibile ipotizzare quale potrebbe essere il rischio di contagio nel caso in cui viaggiasse un passeggero affetto da COVID-19, l’infezione causata dal nuovo coronavirus emerso in Cina. Ecco quali sono i risultati e i posti a sedere ipoteticamente più “sicuri”.
A cura di Andrea Centini
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Ipotizzando la presenza a bordo di un aereo di linea di una persona malata di COVID-19, l'infezione causata dal nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2), qual è il rischio di contagio per gli altri passeggeri? E quale potrebbe essere il “posto più sicuro” per proteggersi dalla trasmissione? Al momento non sono stati fatti studi ad hoc sul patogeno emergente, inoltre non sono ancora del tutto chiare le modalità di trasmissione, come specificato dal Ministero della Salute e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, ciò nonostante, trattandosi di un'infezione respiratoria, si potrebbe fare affidamento sui risultati di un interessante articolo scientifico pubblicato nel 2018 sull'autorevole rivista scientifica PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), nel quale è stato stimato il rischio di trasmissione di un ipotetico virus respiratorio (come quello dell'influenza) su voli transcontinentali della durata dalle 3 ore e mezza alle 5 ore. Prima di entrare nel dettaglio, possiamo già anticipare che il rischio emerso è decisamente basso (un volo con un malato arriverebbe a destinazione in media con 1,7 infetti); solo nel caso in cui vi fosse una hostess o una steward malati il rischio sarebbe sensibilmente superiore. Ma procediamo con ordine.

È innanzitutto doveroso sottolineare che l'indagine è stata condotta su velivoli dotati di un unico corridoio centrale con tre file per lato (come i Boeing 737 e gli Airbus 320), dunque i risultati non possono essere applicati ad aerei più grandi o più piccoli che hanno una configurazione differente, dove le persone si spostano in modo diverso. A valutare la diffusione di un ipotetico virus è stato un team di ricerca americano composto da scienziati dell'Università Emory di Atlanta e della Scuola di Matematica del Georgia Institute of Technology, il cosiddetto “The FlyHealthy Research Team”. Dieci ricercatori sono saliti su dieci voli distinti, e ogni volta si sono disposti sui sedili in maniera strategica (in coppie distanti tra le cinque e le sette file) per monitorare gli spostamenti di tutte le persone a bordo. Gli scienziati hanno annotato tutto su un tablet opportunamente predisposto.

Dalle analisi dei dati è emerso che il 57 percento dei passeggeri seduti al finestrino è rimasto al proprio posto per tutto il volo, contro il 48 percento di quelli seduti al centro e il 20 percento di quelli sul corridoio. Le persone si sono alzate principalmente per andare in bagno o per prendere qualcosa dalla cappelliera, dunque hanno avuto pochi contatti con gli altri passeggeri. Il contatto “stretto” si è verificato soltanto con i passeggeri delle file limitrofe, per una media di 50 minuti a volo. Sensibilmente superiore è invece risultato essere il contatto tra i membri dell'equipaggio e i passeggeri, per circa un terzo della durata dell'intero volo. Incrociando tutti questi dati e ipotizzando la presenza di un infetto nel posto 14C dell'aereo, i ricercatori guidati dalla professoressa Vicki Stover Hertzberg hanno stimato le probabilità che il singolo passeggero potesse iniziare un focolaio. Ebbene, anche moltiplicando per quattro la velocità di trasmissione del virus respiratorio, il rischio di contagio è risultato essere complessivamente basso per tutto l'aereo. Solo per gli 11 passeggeri più vicini all'infetto (quelli delle file 13, 14 e 15) il rischio è stato considerato “alto”, ma i dati hanno rilevato che per l'intero volo, in media, ci sarebbero stati solo 0,7 contagiati in più rispetto alla partenza. Cambiando posto ai passeggeri, nella peggiore delle ipotesi soltanto due persone sarebbero state colpite dal virus. Qualora invece ad essere infetto fosse stato un membro dell'equipaggio, alla luce dei maggiori contatti al termine del volo ci sarebbero stati 4,6 infetti in più (in media). I posti vicini al finestrino sono risultati i più sicuri proprio perché si hanno meno contatti con le altre persone, anche se il dottor David Weber dell'UNC Medical Center, esperto di malattie infettive, suggerisce di non volare vicino ai finestrini in inverno perché “potrebbero essere più freddi e avere più flusso d'aria riciclata”.

È importante ricordare che al momento non sono ancora del tutto chiare le modalità di trasmissione del nuovo coronavirus emerso in Cina, dunque i risultati di questo studio potrebbero non essere del tutto applicabili. Come indicato dal Ministero della Salute, SARS-CoV-2 è un virus respiratorio che “si diffonde principalmente attraverso il contatto stretto con una persona malata”. Il mezzo principale “sono le goccioline del respiro delle persone infette”, con le quali si può entrare in contatto attraverso la saliva (da tosse e starnuti), contatti diretti personali e toccando con le mani contaminate e non lavate la bocca, gli occhi e altre parti del viso. L'OMS indica che il coronavirus possa sopravvivere alcune ore sulle superfici, benché il risultato di uno studio tedesco indica che i coronavirus possono restare su metallo, vetro e plastica fino a 9 giorni in condizioni favorevoli.

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