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Come “muore” una stella cadente

I corpi celesti più piccoli degli asteroidi si disintegrano entrando in contatto con l’atmosfera terrestre esplodendo dall’interno, a causa dell’aria ad altissima pressione che penetra nei pori e nelle crepe. Parti dei meteoroidi più grandi e quelli piccoli ma molto densi possono superare questo “scudo” e precipitare al suolo.
A cura di Andrea Centini
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I meteoroidi, corpi celesti più piccoli degli asteroidi, esplodono quando impattano con l'atmosfera terrestre a causa del muro di aria che gli si para innanzi. Penetrando nei pori e nelle crepe, infatti, quest'aria genera una pressione talmente forte all'interno dei “sassi cosmici” da portarli alla disintegrazione. Il meccanismo è stato spiegato per la prima volta nel dettaglio dai ricercatori del Sistema di Difesa Planetario della NASA, un pool di esperti che studia i corpi celesti potenzialmente pericolosi per la Terra e mette a punto i piani per prevenire un “Armageddon”. Recentemente si è attivato per il passaggio (innocuo) dell’asteroide 2012 TC4, grazie al quale ha potuto testare i sistemi di monitoraggio e analisi della minaccia su scala internazionale.

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Ma torniamo ai meteoroidi. Innanzitutto, per meteoroide si intende un corpo celeste con dimensioni che spaziano da quelle di un granello di sabbia a quelle di un pesantissimo masso. Al di sopra di essi vi sono gli asteroidi, oggetti significativamente più grandi dei quali è possibile osservare traiettorie e altri parametri. Quando i meteoroidi impattano con l'atmosfera terrestre si distruggono generando spettacolari fiammate, le cosiddette stelle cadenti (o meteore), che possono essere più o meno intense a seconda della grandezza del frammento. Un bolide è una fiammata particolarmente accesa, alla stregua di quella che ha attraversato i cieli italiani la notte del 30 maggio 2017. Ma i meteoroidi possono essere anche di massa considerevole, come quello da 10mila tonnellate che nel 2013 esplose sui cieli di Celjabinsk in Russia. In questo caso l'impatto con l'atmosfera non disintegra completamente il corpo celeste, lasciando cadere sulla Terra frammenti più o meno grandi.

È proprio studiando questo evento che i ricercatori hanno messo a punto un nuovo modello matematico in grado di determinare gli effetti dell'aria sulla distruzione dei corpi celesti. In parole semplici, c'è una notevole differenza tra l'aria ad altissima pressione dell'atmosfera che si para innanzi al meteoroide e il vuoto d'aria alle sue spalle; quando la prima riesce a penetrare nelle fessure e nei pori dell'oggetto è sufficiente a creare una vera e propria esplosione che lo distrugge dall'interno. Nel caso del meteoroide di Celjabinsk, sulla Terra giunse soltanto lo 0,1 percento del materiale complessivo, quello sopravvissuto all'evento esplosivo che ebbe una potenza paragonabile a 30 bombe atomiche di Hiroshima (l'onda d'urto provocò 1.500 feriti).

Secondo i calcoli degli studiosi, coordinati dal professor Jay Melosh, docente di Scienze della Terra, Atmosferiche e Planetarie presso l'Università Purdue, lo “scudo” della Terra contro questi oggetti è più efficace di quel che si pensasse, tuttavia anche i meteoroidi piccoli e densi possono superarlo indenni, trasformandosi in quelli che chiamiamo comunemente meteoriti. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Meteoritics & Planetary Science.

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