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Come le piante fuggono dall’ombra

Nuove scoperte della scienza potrebbero portare a colture ad alto rendimento.
A cura di Julia Rizzo
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Nella loro esistenza tranquilla e silenziosa, le piante sono organismi estremamente competitivi, soprattutto quando si tratta di ottenere la loro giusta quota di luce solare. A parte pochissime eccezioni, lo stelo di una pianta cresce verso l’alto, mentre le radici scavano inesorabilmente verso il basso. Molti fiori si orientano con il sole girando su loro stessi durante l’arco della giornata. L’arma primaria di una pianta, per sopravvivere al meglio nell’ambiente, è proprio la capacità di crescere verso la luce. Questo avviene grazie all’auxina, un ormone vegetale che stimola la crescita dello stelo. Il processo di trasporto molecolare dell’auxina nei tessuti permette alla pianta di crescere nella direzione giusta per arrivare a catturare più luce possibile, necessaria per la sua sopravvivenza.

Ripercussioni sull'agricoltura. In una pianta amante del sole, come ad esempio l’arabidopsis thaliana (organismo modello negli studi sulla fisiologia vegetale), gli studi dimostrano che, se la pianta si trova in una zona ombreggiata, tali sensori comunicano allo stelo di allungarsi per raggiungere i raggi solari. Il lato svantaggioso di questo processo è che, nel tentativo di raggiungere la luce, le piante investono meno energia nella produzione di semi o frutta e, in agricoltura, questo comportamento si traduce in una perdita di resa delle colture.

Gli scienziati del Salk Institute for Biological Studies (California) hanno ora compreso un ulteriore passaggio del processo che regola la giusta produzione e il trasporto di auxina. In particolare, hanno scoperto come le foglie comunicano agli steli in quale direzione crescere per catturare la maggiore quantità di luce. Questo, riferiscono i ricercatori, grazie a una proteina, nota come fattore di fitocromo interagente 7 (PIF7), che funge da messaggero fondamentale tra sensori di luce presenti nelle cellule delle foglie e la conseguente produzione di auxina.
Questi risultati potrebbero aprire nuove strade per lo sviluppo di colture in grado di gestire la crescita alla ricerca di luce e la produzione di semi, in modo da aumentare la densità delle coltivazioni. In caso di successo, le colture produrrebbero rendimenti più elevati.

«Sapevamo come le foglie rilevano la luce e che le auxine guidano la crescita, ma non avevamo capito il percorso che collegava questi due sistemi fondamentali», afferma Joanne Chory, autore principale dello studio. Conoscendo ora questo tassello del percorso, i ricercatori sperano di contribuire con un nuovo strumento per sviluppare colture che, ottimizzando lo spazio, producano conseguentemente più cibo, materie prime e biocarburanti.

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Julia Rizzo è laureata in biologia ed è appassionata di comunicazione scientifica, soprattutto in ambito naturalistico ma anche biomedico. Attualmente vive a Bolzano.
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