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Covid 19

Come il gruppo sanguigno favorisce (o limita) la trasmissione della Covid

Grazie a un sofisticato modello matematico, un team di ricerca composto da scienziati dell’Istituto Tecnologico Italiano (IIT) di Roma e dell’Università Sapienza ha determinato che la distribuzione dei gruppi sanguigni nei diversi Paesi può influenzare le curve dei contagi da coronavirus SARS-CoV-2. I risultati confermano le precedenti ipotesi sulla capacità del gruppo sanguigno di favorire o limitare la trasmissione.
A cura di Andrea Centini
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Sin dall'inizio della pandemia è stata identificata una certa influenza del gruppo sanguigno nel favorire o contrastare il contagio da coronavirus SARS-CoV-2, il patogeno responsabile della malattia chiamata COVID-19. Lo studio “Genomewide Association Study of Severe Covid-19 with Respiratory Failure” pubblicato sul prestigioso The New England Journal of Medicine, ad esempio, aveva determinato che le persone col gruppo sanguigno A hanno maggiori probabilità di sviluppare sintomi significativi; d'altro canto, le ricerche “The association of ABO blood group with indices of disease severity and multiorgan dysfunction in COVID-19” e “Reduced prevalence of SARS-CoV-2 infection in ABO blood group O” pubblicate su Blood Advances, avevano invece evidenziato che i portatori del gruppo 0 risultano più “protetti”. Un altro studio guidato dall'Università di Nantes aveva invece determinato che i positivi possono infettare le altre persone sulla base del proprio gruppo sanguigno; questo perché, spiegavano gli scienziati francesi, una volta replicatosi nelle cellule dell'ospite, il coronavirus integra nella sua struttura gli antigeni legati ai globuli rossi, innescando così le compatibilità tipiche dei gruppi sanguigni. Dei quattro, ovvero 0, A, B e AB, sappiamo ad esempio che il gruppo 0 può donare a tutti ma ricevere solo dallo 0, mentre gli AB possono donare solo agli AB ma ricevere da tutti; ciò dipende da specifiche molecole presenti sui globuli rossi – chiamate antigeni – che determinano le varie compatibilità; poiché il coronavirus integra nel suo capside proprio questi antigeni mentre si replica nell'ospite, ne verrebbe influenzata la capacità infettiva.

Per determinare se davvero il gruppo sanguigno potesse effettivamente influenzare il rischio di trasmissione del patogeno, un gruppo di ricerca italiano ha messo a punto un sofisticato modello matematico – nello specifico un modello “deterministico epidemiologico” – che di base tiene conto della distribuzione dei gruppi sanguigni nelle varie nazioni. Come spiegato all'ANSA dal professor Giancarlo Ruocco, direttore presso il Center for Life Nano & Neuroscience dell'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Roma e docente al Dipartimento di Fisica dell'Università Sapienza, tale distribuzione non è uniforme, poiché ad esempio “sappiamo che in Sud America c’è una forte prevalenza del gruppo 0 mentre in Asia c’è grande omogeneità di tutti i gruppi”. Partendo da questo presupposto e dai risultati dello studio francese, ne dovrebbe conseguire un'associazione con le curve epidemiologiche osservate nei singoli Paesi.

Il professor Ruocco e i suoi colleghi dell'IIT Mattia Miotto, Lorenzo Di Rienzo, Giorgio Gosti e Edoardo Milanetti, grazie al modello matematico hanno messo a confronto la distribuzione geografica dei gruppi sanguigni con l'andamento dei contagi in circa 80 nazioni durante la prima fase della pandemia, quando ancora non erano state introdotte le misure non farmaceutiche (NPI) alla stregua del distanziamento sociale, delle mascherine, del lockdown e simili. Dall'analisi dei dati è emersa una diffusione delle infezioni effettivamente in linea con quanto atteso dalla distribuzione dei gruppi sanguigni. “Possiamo dire che il nostro lavoro ha confermato statisticamente la validità dell’ipotesi iniziale”, ha dichiarato all'ANSA il professor Ruocco. Naturalmente i dati dovranno essere confermati da indagini più approfondite. “Se fosse vero si potrebbero anche adottare strategie più efficienti per limitare la diffusione cercando ad esempio di limitare i contatti tra soggetti i cui gruppi sanguigni siano particolarmente ‘affini’”, ha concluso l'esperto. I dettagli della ricerca “Does blood type affect the COVID-19 infection pattern?” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PloS ONE.

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