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Clima, il Polo Nord resiste ma il riscaldamento globale continua

Quest’anno lo scioglimento dei ghiacci artici è stato meno marcato, ma non è un’inversione di tendenza.
A cura di Roberto Paura
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Qualcuno parla già da un po’ di tempo di una prossima piccola era glaciale che abbasserà le temperature di tutto il mondo, in barba alle teorie di un aumento progressivo delle temperature. Niente di più lontano dalla realtà, anche se l’estate del 2013 può essere sembrata a molti più fresca delle precedenti. E il fatto che, stando alle ultime stime, i ghiacci del circolo polare artico abbiano resistito meglio rispetto allo scorso anno in termini di estensione, non è un segnale di un’inversione di tendenza rispetto al riscaldamento globale.

Sempre meno ghiacci nel Mar Glaciale Artico

I dati del National Snow & Ice Data Center, che monitora dal 1979 lo stato di salute della banchisa polare ha calcolato che quest’agosto, all’apice dell’estate, l’estensione dei ghiacci del circolo polare si è mantenuta sui 6 milioni di chilometri quadrati, un dato significativamente superiore a quello dello scorso anno, certo, ma comunque inferiore alla media stagionale tra il 1981 e il 2010. Dunque, come sintetizzano gli esperti del centro americano, che si avvale delle rilevazioni satellitari, le variazioni annuali nell’estensione dei ghiacci non debbono trarre in inganno: dall’inizio degli anni ’80 a oggi la riduzione della banchisa polare è costante. Per fare un raffronto, benché questo agosto i ghiacci siano stati circa il 60% più estesi rispetto al 2012, in realtà l’estensione della banchisa è appena la metà di quella che era nel 1979.

I dati del NSIDC mostrano la tendenza di lungo periodo dello scioglimento dei ghiacci del mare artico, nonostante non manchino miglioramenti annuali come quello di quest'anno.
I dati del NSIDC mostrano la tendenza di lungo periodo dello scioglimento dei ghiacci del mare artico, nonostante non manchino miglioramenti annuali come quello di quest'anno.

I climatologi sono tutti concordi sul fatto che entro la fine del secolo il circolo polare artico sarà liberamente navigabile d’estate, del tutto privo di ghiacci. Resta ancora indecisione su quando ciò avverrà. Le ultime stime parlano del 2030, tra meno di vent’anni. Già oggi il dimezzamento della banchisa mette a rischio l’ecosistema faunistico, le stazioni scientifiche presenti nell’area e l’ambiente mondiale: lo scioglimento della tundra libera enormi quantità di gas serra che possono incrementare il trend del riscaldamento globale, mentre la possibilità di raggiungere più facilmente il petrolio al di sotto del fondale artico aumenterà la corsa allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi del Polo Nord.

Fraintendere il riscaldamento globale

Eppure, ogni volta che il clima si fa un po’ più fresco o giungono notizie più incoraggianti sulla situazione del riscaldamento globale, ecco che gli scettici alzano la testa e ritornano a sostenere che non c’è alcun legame tra cambiamento climatico e azione umana, e che l’aumento delle temperature medie è un semplice fenomeno transitorio dovuto all’aumento dell’attività solare o ad altri fenomeni naturali. “Credo che sia sbagliato abituare la gente all'idea che ogni giorno il clima diventerà più caldo, perché ogni evento che va controcorrente finirà per genererà confusione”, spiega a Repubblica Sergio Castellari, climatologo al Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici. Proprio qui sta il problema. La diffusa percezione secondo cui il riscaldamento globale significa estati sempre più caldi, ogni anno, è la princpale fonte di fraintendimento.

Un’analisi dei dati sulle temperature negli ultimi 100 anni raccolti da migliaia di stazioni meteorologiche sparse in tutti gli Stati Uniti mostra, in un terzo dei casi, una diminuzione delle temperature nel corso degli ultimi decenni, piuttosto che un aumento. Le persone che vivono in queste zone potrebbero facilmente convincersi che il riscaldamento globale è una bufala, o comunque un’esagerazione. Il problema è che però negli altri due terzi dei casi le temperature sono aumentate.  La stessa ripartizione, spiega Richard Muller, fisico all’Università della California a Berkeley e direttore del centro universitario sui cambiamento climatico, si nota in tutte le oltre 40mila stazioni meteorologiche sparse per il mondo. Mediamente, dunque, le temperature stanno aumentando, anche se ciò non avviene in modo omogeneo.

Ciò deriva dal fatto che il clima locale è soggetto a forte variabilità, mentre il clima globale esprime una tendenza molto più chiara. Stessa cosa se consideriamo la variabilità annuale: situazioni particolari come un maggiore raffreddamento della corrente del Golfo, una potente eruzione vulcanica che proietta ceneri in atmosfera, o un aumento della copertura nuvolosa, possono ridurre per qualche mese le temperature nel nostro emisfero, convincendoci che il riscaldamento globale si è fermato. Ma non illudiamoci: sono solo tregue in una guerra che stiamo perdendo.

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