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Covid 19

Chi ha il cancro da oltre 24 mesi ha un rischio maggiore di sviluppare la forma grave della COVID-19

Scienziati britannici hanno dimostrato che i pazienti oncologici di lungo corso (almeno 24 mesi) hanno un rischio maggiore di sviluppare la forma grave (e morire) di COVID-19, l’infezione causata dal coronavirus SARS-CoV-2. Probabilità superiori di perdere la vita per il patogeno sono state osservate anche nei pazienti con cancro di etnia asiatica e in quelli sottoposti a cure palliative.
A cura di Andrea Centini
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I pazienti oncologici che hanno ricevuto una diagnosi di cancro da più di due anni hanno una maggiore probabilità di sviluppare la forma grave della COVID-19, l'infezione causata dal coronavirus SARS-CoV-2. Un rischio di morte superiore è stato riscontrato anche nei pazienti malati di cancro di etnia asiatica e in quelli sottoposti a cure palliative, ovvero a trattamenti che non tendono alla guarigione, ma solo al contrasto dei sintomi scatenati dai tumori.

A determinare questi legami tra cancro e infezione da coronavirus è stato un team di ricerca britannico guidato da scienziati del Guy's and St Thomas' NHS Foundation Trust (GSTT) di Londra, che hanno collaborato con i colleghi di diversi istituti del King's College London. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Mieke Van Hemelrijck, docente presso la School of Cancer and Pharmaceutical Sciences dell'ateneo londinese, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato i dati di oltre 1500 pazienti oncologici nel Regno Unito, fra i quali in 156 contagiati dal coronavirus tra la fine di febbraio e la metà di maggio.

Dall'analisi dei dati è emerso che circa l'80 percento dei positivi al tampone rino-faringeo ha sviluppato una forma lieve o moderata dell'infezione, mentre il 18 percento ha sviluppato la forma più aggressiva e potenzialmente letale. Fra questi ultimi, il 22 percento (34 persone in tutto) ha perso la vita a causa della COVID-19 e delle condizioni sottostanti. Grazie a un modello statistico che ha tenuto conto di età, sesso, etnia, tempistiche della diagnosi oncologica e altri fattori, Van Hemelrijck e colleghi hanno determinato che nei pazienti con una diagnosi di cancro fatta almeno 24 mesi prima del contagio da coronavirus, la presenza di febbre, sintomi gastro-intestinali (diarrea) e concentrazioni più elevate di proteina C reattiva, vi era una probabilità superiore di sviluppare la forma grave della COVID-19. Maggiori probabilità di perdere la vita per l'infezione sono invece stati associati a diagnosi di cancro ottenuta almeno 24 mesi prima; essere sottoposti a cure palliative; appartenere a etnia asiatica e mostrare un'impennata nei livelli della proteina CRP.

Nella maggior parte dei casi i pazienti erano uomini, per metà caucasici (22 percento neri e 4 percento asiatici) e appartenenti a una fascia socioeconomica svantaggiata. Tra le malattie più comuni rilevate dai medici l'ipertensione, il diabete, l'insufficienza renale e varie patologie cardiache, note comorbilità associate statisticamente a prognosi infausta per i pazienti affetti da COVID-19. Per quanto concerne le forme di cancro più comuni, sono state evidenziate quelli urologiche ed ematologiche. Queste ultime erano maggiormente associate a una forma più grave della COVID-19. I dati ottenuti da questa indagine potranno risultare particolarmente preziosi per la gestione dei pazienti oncologici durante l'evoluzione della pandemia di coronavirus. I dettagli della ricerca “Factors Affecting COVID-19 Outcomes in Cancer Patients: A First Report From Guy's Cancer Center in London” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Frontiers in Oncology.

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