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Chi era Davide Vannoni, l’ideatore del controverso “metodo Stamina”

L’ideatore del metodo Stamina, Davide Vannoni, è morto all’età di 53 anni. L’uomo è balzato agli onori della cronaca internazionale proprio per la sua “creatura”, per la quale la Commissione affari sociali della Camera dei deputati aveva anche approvato l’avvio dell’iter sperimentale. La tecnica è stata aspramente criticata dalla comunità scientifica, e a seguito di rapporti prodotti da commissioni ad hoc sospesa e infine bloccata definitivamente. È stata ritenuta inefficace, oltre che un rischio per la salute dei pazienti.
A cura di Andrea Centini
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Davide Vannoni
Davide Vannoni

A causa di una malattia incurabile si è spento all'età di 53 anni Davide Vannoni, conosciuto per essere l'ideatore del cosiddetto “metodo Stamina”, un controverso trattamento terapeutico privo di validità scientifica che, servendosi di cellule staminali mesenchimali, sarebbe stato in grado di produrre neuroni e contrastare di conseguenza patologie neurodegenerative. La tecnica balzò rapidamente agli onori della cronaca, e sotto la spinta dell'opinione pubblica riuscì a ottenere l'approvazione parlamentare per l'iter sperimentale, nonostante fosse aspramente osteggiata dalla comunità scientifica. Fu anche adottata come cura compassionevole (gratuita) presso gli Ospedali Civili di Brescia. Dai rapporti delle commissioni di esperti, tuttavia, emersero potenziali rischi per la salute dei pazienti, oltre che l'inefficacia e l'inconsistenza scientifica del metodo, e fu così deciso di sospenderne e infine bloccarne la somministrazione. Ne seguì un iter giudiziario che culminò con la condanna di Vannoni e di alcuni membri del suo staff.

Ma chi era esattamente Davide Vannoni? Sicuramente non un biologo o un medico. Vannoni era infatti un esperto di comunicazione specializzato in ricerche di mercato, laureato in Scienze della comunicazione e docente presso l'Università degli Studi “Niccolò Cusano” (UNICUSANO), una università telematica. L'idea del metodo Stamina nacque in seguito a un intervento cui fu sottoposto a Charkiv, in Ucraina, nel 2005. Fu infatti trattato con cellule staminali per una paralisi facciale, un'esperienza che lo indusse a gettare le basi per il progetto imprenditoriale. Assieme ai biologi che lo curarono in Ucrania iniziò a promuovere in Italia – e successivamente a San Marino – lo stesso trattamento terapeutico attraverso la società Re-Gene, che venne poi chiusa. La tecnica a base di staminali veniva pubblicizzata come in grado di trattare diverse patologie neurodegenerative. Fu somministrata in un centro estetico di San Marino chiedendo ai pazienti di mantenere l'assoluto riserbo sul trattamento, fin quando Vannoni e i suoi collaboratori non furono rinviati a giudizio con ipotesi di reato quali truffa, associazione a delinquere e somministrazione di farmaci imperfetti e pericolosi per la salute pubblica.

Come indicato, a partire dal 2011 la tecnica fu sperimentata come cura compassionevole agli Spedali Civili di Brescia, grazie a un medico pediatra interessatosi al metodo, ma fu sospesa nel 2013 poiché priva dei requisiti di sicurezza e perché non era accompagnata dalla documentazione necessaria. Stamina balzò agli onori della cronaca nazionale nel 2013, quando un servizio del programma Le Iene ne mostrò i presunti benefici in giovani pazienti colpiti da patologie neurodegenerative. Fu il volano che fece muovere l'opinione pubblica in favore del metodo, portandolo fino all'attenzione della Commissione affari sociali della Camera dei deputati, che a maggio del 2013 approvò l'avvio della sperimentazione. Proprio nel 2013 vengono pubblicate le critiche più dure da parte della comunità scientifica, che ha tacciato Vannoni di illudere i pazienti con false speranze; oltre all'inconsistenza delle prove scientifiche a sostegno della presunta efficacia del metodo Stamina, i ricercatori contestano l'assenza di pubblicazione di dati e articoli ad hoc, oltre che la metodologia in sé. La tecnica, in parole semplici, secondo gli studiosi mancava delle fondamenta su cui dovrebbe poggiare una sperimentazione così delicata. Tra i grandi accusatori vi è stato il compianto medico Umberto Veronesi, che associò il metodo Stamina al controverso metodo Di Bella. Più duro il premio Nobel per la medicina Randy Schekman, che definì Vannoni un ciarlatano e il metodo Stamina una tecnica rischiosa e criminale. Anche il medico giapponese Shinya Yamanaka, Nobel per la medicina nel 2012 proprio per studi sulle staminali, si disse preoccupato per l'autorizzazione alla sperimentazione del metodo da parte delle autorità italiane, sia perché non se ne conosceva la sicurezza, sia perché mancavano prove a sostegno dell'efficacia. Fu molto critica anche l'associazione Famiglie SMA; l'atrofia muscolare spinale era una delle patologie che più avrebbe beneficiato del metodo Stamina. Sempre nel 2013 l'autorevole rivista Nature definì la terapia un plagio di un altro studio inefficace, inoltre indicò che le immagini a corredo del brevetto erano state prese da altri studi.

Mentre il dibattito si faceva sempre più aspro, uscirono i pareri negativi espressi dalle commissioni istituite per indagare sulla consistenza scientifica e sui rischi del metodo Stamina, e si decise così di bloccare la sperimentazione. Nonostante i ricorsi di Vannoni e l'iter giudiziario che ne seguì, nell'ottobre del 2014 venne chiusa definitivamente ogni porta. Il 18 marzo 2015 Vannoni fu condannato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, somministrazione di farmaci dannosi ed esercizio abusivo della professione medica. La sentenza impose il divieto di continuare a somministrare il trattamento. Nel 2017 Vannoni fu arrestato proprio perché accusato di continuare a utilizzare il metodo all'estero.

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