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Covid 19

Chi crede ai complotti sulla pandemia di Covid ha una probabilità più alta di contagiarsi

Attraverso un’indagine progettata per capire in che modo le teorie complottiste sulla pandemia di COVID-19 possono avere un effetto sulla salute e sulla qualità della vita, un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Università VU di Amsterdam ha determinato che chi crede alle cospirazioni ha un rischio maggiore di contagio, ma anche di perdite economiche e isolamento sociale.
A cura di Andrea Centini
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Chi crede alle fantasiose teorie del complotto sulla pandemia di COVID-19, come ad esempio quelle relative al virus inesistente e alla “dittatura” per togliere diritti e libertà ai cittadini, non solo ha un rischio maggiore di risultare positivo al tampone oro-rinofaringeo, ma anche di perdere il lavoro, di avere una riduzione del reddito ed essere socialmente isolato e stigmatizzato. Una serie di significative conseguenze a lungo termine che possono abbattere la qualità della vita, la salute e il benessere psicologico.

A determinare questo legame tra credere alle teorie della cospirazione e maggiori probabilità di risultare positivi al coronavirus SARS-CoV-2, oltre che ad avere conseguenze importanti sociali ed economiche, è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati di vari dipartimenti dell'Università VU di Amsterdam (Paesi Bassi), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del The Netherlands Institute for the Study of Crime and Law Enforcement (NSCR) e del Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università Statale della Pennsylvania (Stati Uniti). Gli scienziati, coordinati dal professor Jan-Willem van Prooijen, docente presso il Dipartimento di Psicologia Sperimentale e Applicata dell'ateneo olandese, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto un'indagine progettata per capire in che modo (e fino a che punto) credere alle teorie complottiste può avere un effetto sulla salute e sulla qualità della vita in generale.

Ad aprile 2020, durante la prima ondata della pandemia, gli scienziati hanno contattato circa seimila cittadini dei Paesi Bassi in rappresentanza di tutta la popolazione nazionale, chiedendo loro quanto credevano alle teorie della cospirazione sul coronavirus SARS-CoV-2. Ad esempio, è stato chiesto quanto se credessero che il virus fosse un'invenzione per insabbiare un crollo economico globale, una cospirazione dei poteri forti per togliere i diritti dei cittadini (lo step successivo della paventata “dittatura sanitaria”), un'arma biologica creata ad arte nel laboratorio cinese di massima biosicurezza di Wuhan e così via. Dopo otto mesi, a dicembre dello stesso anno, gli scienziati hanno ricontattato tutti i partecipanti per sapere se durante questo intervallo di tempo fossero stati sottoposti ai tamponi, avessero avuto la COVID-19, avessero violato le restrizioni governative per spezzare la catena dei contagi e così via.

Dall'incrocio di tutti i dati è emerso innanzitutto che, come previsto dagli esperti, i complottisti avevano ricevuto un numero inferiore di tamponi, proprio alla luce delle loro considerazioni sull'esistenza stessa del virus o sulla sua pericolosità. Tuttavia, in proporzione, quando testati i complottisti avevano probabilità superiori di risultare positivi al patogeno pandemico. Anche questo era un dato atteso dagli scienziati; si ipotizzava infatti che le assurde convinzioni sul virus li avrebbe spinti a comportamenti meno protettivi per se stessi e i propri famigliari. E così è stato. Non a caso chi appoggiava le teorie cospirazioniste tendeva a violare con maggior frequenza le restrizioni anti Covid imposte dal governo, aveva maggiori probabilità di partecipare a feste, invitare tante persone a casa e simili, tutti fattori che possono influenzare sensibilmente il rischio di contagio.

Il professor Jan-Willem van Prooijen e i colleghi hanno osservato anche che i complottisti avevano maggiori probabilità di un peggioramento della propria condizione economica, ad esempio perdendo più facilmente il posto di lavoro o avere un reddito ridotto rispetto a chi non credeva alle teorie della cospirazione. Inoltre sperimentavano più frequentemente il rifiuto sociale (stigmatizzazione) e una generale diminuzione del benessere a causa delle loro convinzioni. “Questi risultati suggeriscono che le convinzioni complottiste sono associate a una miriade di effetti negativi sulla vita a lungo termine. Le convinzioni della cospirazione prevedono in che modo le persone hanno affrontato la pandemia per un periodo di otto mesi, come ciò si riflette nel loro comportamento di salute e nel loro benessere economico e sociale”, hanno scritto gli autori dello studio. I ricercatori sottolineano comunque che l'indagine ha alcuni limiti poiché non evidenzia il nesso di causalità, pertanto altri fattori possono aver concorso ai risultati finali. Inoltre va tenuto presente che i complottisti erano relativamente pochi e comunque rappresentativi della sola popolazione dei Paesi Bassi. I dettagli della ricerca “Conspiracy beliefs prospectively predict health behavior and well-being during a pandemic” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Psychological Medicine.

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