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Covid 19

Chi appare “freddo” sotto stress rischia più problemi di salute mentale per la pandemia

Attraverso un esperimento progettato per stressare in modo acuto i partecipanti, gli scienziati hanno scoperto che chi ha una risposta biologica inferiore allo stress, cioè non manifesta un aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca, ha un rischio maggiore di sviluppare problemi di salute mentale durante un evento traumatico come la pandemia.
A cura di Andrea Centini
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Le persone cui non aumentano la frequenza cardiaca e la pressione in condizioni di stress sono più a rischio di sviluppare problemi di salute mentale – alla stregua dei sintomi del Disturbo da stress post-traumatico (PTSD) – quando coinvolti in una crisi come la pandemia di coronavirus SARS-CoV-2 che stiamo vivendo attualmente. In altri termini, chi sembra più “freddo” sotto stress in realtà ha più probabilità andare a incontro a problemi di salute mentale di chi reagisce in maniera più emotiva quando è sotto pressione.

A dimostrare questo interessante legame tra reazione biologica allo stress e rischio di sviluppare di sintomi di natura psicologica è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università Baylor di Waco, Texas, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Scienze Cognitive e Comportamentali e Programma di Neuroscienze delle Università Washington e Lee e della Scuola di Scienze dello Sport e Riabilitative dell'Università di Birmingham (Regno Unito). Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Annie Ginty, docente presso il Dipartimento di Psicologia e Neuroscienze dell'ateneo statunitense, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver coinvolto diversi studenti in un curioso esperimento.

Nella prima parte dello studio, svoltasi a febbraio di quest'anno, sono stati coinvolti 120 ragazzi: i ricercatori hanno misurato pressione sanguigna e frequenza cardiaca prima e durante un esercizio standardizzato, ideato per mettere sotto stress acuto i partecipanti. Nello specifico, gli studenti dovevano fare alcuni rapidi calcoli a mente e dare risposte ai propri interlocutori nell'arco di pochi minuti, mentre erano allo specchio e venivano filmati, il tutto per aumentare il livello di “competizione” fra i partecipanti. “L'esercizio standard di stress psicologico acuto ha come obiettivo quello di aumentare i livelli di stress includendo lavoro cognitivo, valutazione sociale, auto-valutazione e competizione. Il test aumenta notevolmente la frequenza cardiaca e la sensazione di stress”, ha affermato la professoressa Ginty in un comunicato stampa dell'ateneo texano.

Nella seconda parte dello studio, condotta tra fine marzo e inizio aprile durante il picco della prima ondata della pandemia, una parte dei ragazzi è stata sottoposta a un test per valutare i sintomi del Disturbo da stress post-traumatico, in relazione all'emergenza sanitaria che stavano vivendo. Incrociando i dati gli scienziati hanno scoperto che chi aveva sperimentato una minore reazione biologica al primo test, corrispondente a una risposta inferiore al cortisolo (l'ormone dello stress che fa aumentare la frequenza cardiaca e fa salire la pressione, preparandoci al cosiddetto “combatti o fuggi”), nel secondo ha mostrato più sintomi da PTSD rispetto ai ragazzi che che avevano avuto una risposta più “emotiva” durante l'esperimento iniziale. In altri termini, la pandemia stava avendo un impatto peggiore sulla salute mentale di chi era apparso più “freddo” all'inizio. Risultati analoghi sono emersi in indagini condotte sui soldati.

“Poiché i risultati suggeriscono che gli individui con una ridotta risposta allo stress attivo possono essere a maggior rischio di esiti negativi sulla salute mentale, potrebbe essere utile offrire loro un trattamento preventivo o risorse nelle prime fasi dello stress o quando sono esposti a traumi”, ha dichiarato la professoressa Ginty. I dettagli della ricerca “Heart rate reactivity to acute psychological stress predicts higher levels of PTSD symptoms during the COVID-19 pandemic” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Psychosomatic Medicine.

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