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Cellule staminali “naïve” create da italiani: rivoluzioneranno ricerca delle malattie rare

Ricercatori italiani dell’Università di Padova e di altri istituti del Veneto hanno creato rivoluzionarie cellule staminali pluripotenti indotte allo stadio “naïve”. Sono a uno stato più immaturo e permettono di seguire in vitro cosa avviene nell’embrione sin dai primissimi giorni di sviluppo, facendo emergere eventuali errori alla base delle malattie genetiche rare. Oltre a gettare le basi per terapie innovative hanno costi di sviluppo cento volte inferiore delle cellule IPS standard.
A cura di Andrea Centini
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Create in laboratorio cellule staminali pluripotenti indotte (IPS) al cosiddetto stadio naïve, uno stato di sviluppo più immaturo (primitivo) rispetto a quello ottenuto con i processi tradizionali. Poiché queste cellule corrispondono a quelle presenti in un embrione umano alla prima settimana di sviluppo, esse rappresentano un modello rivoluzionario per studiare l'evoluzione delle malattie genetiche rare. Ma non solo. La procedura con cui sono state ottenute, basata sulla microfluidica, è cento volte meno costosa di quella standard per le cellule IPS, rendendole così ancor più importanti per la ricerca scientifica, dove potrebbero dare un contributo fondamentale allo sviluppo di terapie innovative.

Un team tutto italiano. A mettere a punto le rivoluzionarie cellule staminali pluripotenti indotte, così chiamate poiché possono dare origine a qualsiasi tipologia di cellula presente nel nostro organismo, è stata una squadra di ricercatori italiani guidata dai professori Graziano Martello e Nicola Elvassore. Il primo lavora al Laboratorio di cellule staminali pluripotenti del Dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Padova, mentre il secondo è a capo del Laboratorio di Ingegneria delle cellule staminali all’Istituto veneto di medicina molecolare.

Come hanno ottenuto le cellule IPS naïve. Prodotte per la prima volta nel 2006 dal professor Shinya Yamanaka dell'Università di Kyoto, premio Nobel per la medicina nel 2012, le cellule IPS possono essere ottenute da cellule adulte del nostro corpo, come quelle presenti nella pelle o nel sangue. Il laborioso (e costoso) processo si chiama riprogrammazione. Martello, Elvassore e colleghi hanno creato quelle allo stadio naïve a partire da fibroblasti prelevati da piccole biopsie della pelle. Le hanno ottenute con una peculiare tecnica di microfluidica, inserendo le cellule adulte in tubi microscopici dal diametro di un capello e composti in polidimetilsilossano, un silicone biocompatibile. Confinate in questi minuscoli canali le cellule possono essere riprogrammate molto più agevolmente; richiedono infatti un numero decisamente inferiore di reagenti, permettendo l'abbattimento dei costi e tempi di sviluppo.

Una rivoluzione per la ricerca. Proprio grazie a questo ambiente circoscritto le cellule vengono portate a uno stadio più immaturo del normale, il tassello fondamentale della ricerca italiana, inoltre non risultano “eterogenee”, cioè non si comportano in maniera diversa come avviene con le IPS prodotte da uno stesso laboratorio in momenti diversi. “Abbiamo ottenuto cellule staminali a partire da cellule adulte – ha dichiarato Graziano Martello – ma il vero passo in avanti è che le staminali che otteniamo sono più immature di quelle attualmente utilizzate. Questo permetterà nuove applicazioni future, come lo studio in vitro delle primissime fasi di sviluppo del nostro corpo. Capire cosa accade e cosa può andare storto potrebbe avere conseguenze enormi sul piano della conoscenza e della salute”.

Lotta alle malattie rare. La differenza tra le IPS naïve e le IPS “standard” è notevole, dato che alla prima settimana di sviluppo si evidenziano geni che risultano spenti alla seconda. Potendo osservare l'evoluzione di una malattia da uno stadio ancor più primitivo potrebbero emergere informazioni cruciali per mettere a punto terapie innovative. “Il nostro lavoro mostra come ottenere efficientemente cellule staminali più immature – ha dichiarato Nicola Elvassore -. Fondamentale è stato integrare intimamente competenze che spaziano dalla bio-ingegneria alla biologia delle cellule staminali. Noi di fatto diamo un nuovo strumento alla comunità scientifica che confidiamo possa dare nuovo impulso nella ricerca delle cellule staminali umane. Ci stiamo già focalizzando sullo studio in vitro di alcune patologie che con le staminali tradizionali non potevano ancora essere studiate”. I dettagli della promettente ricerca sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature.

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