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Covid 19

Caos OMS, no ai guanti ma mascherine anche all’aperto, Pregliasco: “La ragione è nel mezzo”

Il virologo dell’Università degli Studi di Milano a Fanpage.it: “Le diverse indicazioni hanno tutte una ragionevolezza ma occorre anche circoscrivere l’utilizzo dei dispositivi a determinati ambiti. Un uso generalizzato delle mascherine non è sostenibile e meno facile da sopportare, i guanti danno invece un falso senso di sicurezza. Meglio lavarsi le mani con più efficacia e maggiore frequenza”.
Intervista al Prof. Fabrizio Pregliasco
Virologo, ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell'Università degli Studi di Milano
A cura di Valeria Aiello
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Sono trascorsi sei mesi da quando il nuovo coronavirus è stato identificato e si è compreso che la sua trasmissione avviene principalmente attraverso le goccioline respiratorie. Ancora oggi, però, c’è molta confusione sulle raccomandazioni, in particolare sulle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) che, dopo aver definito inefficace e addirittura controproducente l’utilizzo di mascherine da parte della popolazione all’inizio della pandemia, ora ne raccomanda l’uso anche all’aperto.

Caos Oms, no ai guanti ma mascherine anche all'aperto

Nello specifico, nel suo ultimo aggiornamento, l’Oms introduce inoltre una distinzione per gli over 60 (o con problemi di salute) affinché queste persone indossino mascherine mediche. “Sono le mascherine chirurgiche, che sono dispositivi medici certificati e garantiscono quindi uno standard di protezione” ci viene in aiuto il virologo Fabrizio Pregliasco, ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano, al quale abbiamo chiesto cosa ne pensa delle nuove indicazioni che, tra l’altro, scoraggiano anche l’uso dei guanti perché potrebbero aumentare il rischio di infezione.

Dunque professore, in Italia si va verso l’abolizione della mascherina all’aperto mentre l’Oms ne incoraggia l’uso. Chi ha ragione in questo caos?

Diciamo che la ragione è nel mezzo, perché si tratta di individuare un aspetto di priorità di utilizzo e una modalità che ne garantisca l’utilizzo nel tempo.  Sappiamo di dover convivere con questo virus, per cui indossarla in ogni momento sarebbe il massimo, ma serve un compromesso realistico, perché altrimenti si finisce per vedere persone che la tengono sotto il naso o la mettono sul mento. È un po’ come il concetto del metro di distanza, che in realtà è un po’ poca. Bisognerebbe dire due metri perché il droplet ha una distribuzione di circa un metro e sessanta o ottanta, sempre con un margine di errore, per cui c’è la possibilità che qualche gocciolina vada oltre. In questo senso, anche per le mascherine occorre razionalizzare l’uso nelle situazioni più a rischio.

Sostanzialmente, le indicazioni hanno quindi tutte una ragionevolezza e diventa poi una scelta politica quella di trovare il giusto modo per rendere l’uso della mascherina davvero efficace. Secondo me, circoscrivendone l’utilizzo in determinati ambiti, alla fine si ottiene un risultato migliore rispetto a un uso generalizzato che non è sostenibile e diventa meno facile da sopportare.

L’Oms ha anche detto “no ai guanti” dato che il loro uso può aumentare il rischio di infezione. Perché?

Il guanto dà un falso senso di sicurezza per cui – se lo si utilizza male oppure, ad esempio, non lo si toglie con le giuste attenzioni –  c’è un problema di sottostima del rischio di infezione. In altre parole, indossando i guanti si pensa di non correre alcun rischio quando invece c’è il rischio indiretto della contaminazione superficiale e di toccarsi poi il viso, trasportando così le goccioline alla bocca. È quindi meglio lavarsi le mani con più efficacia e maggiore frequenza piuttosto che indossare un paio di guanti che ci porti a pensare di essere protetti.

Il virologo Fabrizio Pregliasco
Il virologo Fabrizio Pregliasco
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