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Cancro, i segreti del “guardiano del genoma” svelati da italiani: possibili nuove terapie

Attraverso una sofisticata tecnica di microscopia i ricercatori del San Raffaele di Milano hanno osservato il comportamento di p53, una proteina antitumorale che, legandosi al DNA, può correggere i danni o distruggere una cellula per evitare che diventi tumorale. La scoperta apre le porte a nuove possibili cure contro il cancro.
A cura di Andrea Centini
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Un team di ricerca dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, una delle eccellenze italiane in seno al Gruppo Ospedaliero San Donato, sfruttando una peculiare tecnica di microscopia è riuscito a osservare dal vivo il comportamento del cosiddetto “guardiano del genoma”. Si tratta di una proteina antitumorale chiamata p53, la quale gioca un ruolo fondamentale quando le mutazioni del DNA rischiano di trasformare una cellula sana in una tumorale. In parole semplici, se il danno è limitato, p53 opta per la correzione del DNA; se invece le mutazioni sono troppo estese e influenti, essa costringe la cellula alla cosiddetta apoptosi, ovvero alla morte attraverso il suicidio cellulare. In entrambi i casi il “guardiano del genoma” ci protegge dal cancro.

Come sappiamo bene, tuttavia, i tumori e il cancro sono tra le principali malattie e cause di morte al mondo, dunque non sempre p53 riesce nel proprio virtuoso compito di proteggere l'organismo. La ragione risiede nel fatto che nel 70 percento dei tumori le mutazioni sono presenti proprio su di essa, impedendole così di lavorare correttamente. Ma cosa succede nel restante 30 percento delle neoplasie, quando il nostro guardiano è sano e pronto a combattere?

Riuscire a comprenderne il comportamento in tempo reale è stato l'ambizioso obiettivo dei ricercatori italiani, che avvalendosi di una tecnologia di imaging messa a punto negli Stati Uniti dal giovane fisico Davide Mazza, sono riusciti nell'impresa. Dalle analisi, alle quali ha collaborato anche il professor Carlo Tacchetti, docente presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e direttore del Centro di Imaging Sperimentale, è emerso che p53 deve essere a sua volta attivata da altre proteine per trasformarsi in “guardiano”. Gli scienziati ipotizzano dunque che il problema nel 30 percento dei tumori sia da ricercare proprio in questo meccanismo di attivazione ad opera di altre proteine. La scoperta, per la quale andranno fatte ulteriori e approfondite indagini, potrebbe aprire le porte a nuove terapie contro i tumori che si sviluppano anche quando p53 è funzionante, come ad esempio il neuroblastoma, un tumore del cervello tipico dell'infanzia. I dettagli del promettente studio sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Communications.

[Foto di Iuvqs]

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