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Cancro al seno, la terapia ormonale sostitutiva post menopausa aumenta il rischio di ammalarsi

Un team di ricerca internazionale ha confermato che esiste un’associazione statistica tra la terapia ormonale sotitutiva (TOS) in post menopausa e il rischio di sviluppare il cancro alla mammella, in particolar modo quello positivo al recettore degli estrogeni (ER+). Le probabilità di ammalarsi sono legate al tipo di terapia seguita e alla durata della stessa.
A cura di Andrea Centini
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La terapia ormonale sostitutiva (TOS) post menopausa aumenta il rischio di cancro al seno, ad eccezione di quella estrogenica per via vaginale. Non si tratta di una notizia completamente nuova, dato che l'associazione era già emersa in uno vecchio studio della Women’s Health Initiative, tuttavia dall'ultima indagine sono emersi dettagli maggiori e più precisi, legati ad esempio alla durata e al tipo di terapia seguita. A determinare l'associazione tra terapia ormonale sostitutiva e cancro al seno, in particolar modo a quello positivo al recettore degli estrogeni (ER+), è stato il team di ricerca internazionale del Collaborative Group on Hormonal Factors in Breast Cancer.

La ricerca. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Valerie Beral, docente di epidemiologia presso l'Università di Oxford, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato i dati di centinaia di migliaia di donne raccolti da 58 studi dedicati al tema e condotti tra il 1992 e il 2018. Durante il periodo di follow-up oltre 100mila donne hanno sviluppato un carcinoma mammario, e incrociando tutti i dati è emersa una evidente correlazione statistica tra la malattia e la terapia ormonale sostitutiva. In linea generale, più a lungo durava la TOS e maggiore era il rischio di sviluppare il cancro nei venti anni successivi.

I risultati. Dall'analisi dei dati è emerso che il rischio di ammalarsi era maggiore nelle donne che facevano uso di progestinici ed estrogeni al posto dei soli estrogeni; il rischio è risultato superiore anche per le pazienti che assumevano gli ormoni tutti i giorni rispetto a quelle che li prendevano non continuativamente. Le donne che hanno seguito la terapia ormonale sostituiva per dieci anni avevano un rischio doppio rispetto a quelle che l'avevano seguita per cinque. Dal punto di vista squisitamente statistico, sono stati registrati 6,3 casi su cento per le donne che non hanno seguito la TOS; 6,8 casi su 100 per le pazienti che hanno preso solo progestinici; 7,7 casi su cento per chi prendeva sia estrogeni che progestinici non continuativamente e 8,3 casi su cento per chi li prendeva entrambi tutti i giorni. L'incidenza è stata calcolata per donne europee con un peso normale e un'età media di 65 anni. Le differenze fra una situazione e l'altra, benché statisticamente significative, risultano comunque leggere e andranno confermate da ulteriori indagini. Va inoltre tenuto presente che i regimi terapeutici presi in esame sono datati e i rischi risultavano minimi se la terapia ormonale sostitutiva durava meno di un anno. Obesità e sovrappeso incidono in modo molto più significativo sul rischio di sviluppare la malattia. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica The Lancet.

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