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Covid 19

Cala la mortalità per COVID tra gli ultraottantenni del Regno Unito: segnali positivi dal vaccino

Nel Regno Unito il tasso di mortalità per infezione da coronavirus SARS-CoV-2 negli anziani con più di 80 anni è calato del 62 percento a partire dal 24 gennaio, più di quanto osservato nella fascia d’età 65-79 anni (51 percento) e in quella 20-64 anni (47 percento). Secondo gli esperti ciò sarebbe dovuto agli effetti della campagna vaccinale, avviata l’8 dicembre del 2020. I dati sono da confermare poiché va considerato anche l’impatto del lockdown.
A cura di Andrea Centini
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Dopo i dati estremamente incoraggianti comunicati da Israele, si iniziano a vedere i frutti della campagna vaccinale contro il coronavirus SARS-CoV-2 anche nel Regno Unito, dove i tassi di mortalità per COVID-19 (l'infezione provocata dal patogeno) tra gli ultraottantenni stanno calando più velocemente rispetto alle altre fasce di età. La ragione risiederebbe nel fatto che gli anziani, essendo particolarmente esposti al rischio di complicazioni e morte per la patologia, sono stati tra i primi (assieme agli operatori sanitari) a ricevere le dosi del vaccino. La campagna vaccinale in Gran Bretagna è ufficialmente iniziata l'8 dicembre 2020, quando fu somministrata la prima dose del tozinameran/BNT162b2 (il vaccino anti COVID di Pfizer-BioNTech) alla signora Margaret Keenan, una novantenne di Coventry (West Midlands). Da allora, come segnalato dal sito ourworldindata, nel Regno Unito sono state somministrate 16,12 milioni di dosi, moltissime delle quali destinate proprio agli anziani.

In base a un'analisi statistica condotta dal Guardian e basata sui dati della Public Health England (PHE) – l’Agenzia governativa del Dipartimento di Sanità e Assistenza sociale del Regno Unito – e di altri istituti, è emerso che a partire dal 24 gennaio 2021 la mortalità tra gli ultraottantenni è calata del 62 percento. Tra le persone con età compresa tra i 20 e i 64 anni la diminuzione dei decessi è stata del 47 percento, mentre nella fascia 65-79 anni è stata del 51 percento. È stato preso come riferimento il 24 gennaio poiché a quella data circa il 30 percento dei cittadini britannici con più di 80 anni aveva ricevuto (da due settimane) almeno la prima dose di vaccino anti COVID. Benché la protezione si inneschi effettivamente a una settimana dalla seconda, una singola dose è sufficiente per determinare un certo grado di protezione dalla COVID-19 grazie agli anticorpi generati, pertanto è possibile osservare fluttuazioni statistiche come quelle indicate dal Guardian. Secondo il professor David Spiegelhalter, presidente del Winton Center for Risk and Evidence Communication presso l'Università di Cambridge, come riporta il quotidiano britannico il calo osservato negli anziani è “abbastanza significativo da non poter essere riconducibile al solo lockdown”. Ma alcuni effetti si iniziano a vedere anche in altre fasce d'età: “I decessi tra gli ultracinquantenni stanno ora diminuendo più rapidamente rispetto ai gruppi di età più giovane, questo è molto incoraggiante e probabilmente è influenzato dalla vaccinazione – c'è stato un forte calo dei focolai nelle case di cura”, ha affermato Spiegelhalter.

Mortalità in calo nel Regno Unito. Credit: gov.uk
Mortalità in calo nel Regno Unito. Credit: gov.uk

A confermare che gli ultraottantenni del Regno Unito sono al momento più protetti contro il coronavirus SARS-CoV-2 ci sono anche i dati di un rapporto dell'Office for National Statistics (ONS), nel quale è stato indicato che attualmente, in Inghilterra, oltre il 40 percento degli ultraottantenni presenta anticorpi contro il patogeno emerso in Cina. È la percentuale più alta in assoluto tra le varie fasce d'età. Sebbene vi siano segnali incoraggianti che la campagna vaccinale stia funzionando, diversi esperti sottolineano comunque che è necessario essere molto cauti nella lettura dei dati: “I decessi sono ancora alti e ci sono alcune preoccupazioni circa la fornitura dei vaccini”, ha sottolineato al Guardian il dottor George Batchelor di Edge Health. Il Regno Unito è uno degli Stati più colpiti in assoluto dalla pandemia, dove ad oggi, sulla base della mappa interattiva messa a punto dall'Università Johns Hopkins, si contano oltre 4 milioni di infezioni complessive e 120mila morti (in Italia sono rispettivamente 2,7 milioni e 95.540).

Stanno calando anche i ricoveri ospedalieri tra gli anziani, tuttavia la diminuzione è meno significativa di quella dei decessi, ovvero del 4,8 percento (sempre a partire dal 24 gennaio). Secondo gli scienziati questa differenza sarebbe ascrivibile al lockdown e non alla vaccinazione. “È ancora difficile districare l'impatto del lockdown dall'impatto del vaccino”, ha dichiarato il professor Paul Hunter, docente di medicina presso l'Università dell'East Anglia. “C'è qualche indicazione di un calo relativamente maggiore dei ricoveri nei gruppi di età più avanzata rispetto a chi ha meno di 65 anni negli ultimi giorni, e anche nei decessi negli ultraottantenni, ma questi dati sono intrinsecamente rumorosi, quindi bisogna aspettare ancora qualche giorno prima di avere un quadro più chiaro”, ha dichiarato lo scienziato. I segnali della campagna vaccinale risultano dunque positivi, ma è ancora troppo presto per capire quanto effettivamente stia contribuendo all'abbattimento delle curve epidemiologiche.

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