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Caccia a balene e squali già 1.500 anni fa: il fascino nascosto dell’arte rupestre cilena

Le pitture color ocra sono state realizzate con ossido di ferro dai membri di antiche comunità cilene di cacciatori-raccoglitori. Raffigurano gli scontri tra maestosi animali e coraggiosi uomini solitari.
A cura di Andrea Centini
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Nel burrone di Izcuña, sito a pochi chilometri dalla località cilena di El Médino, sono stati trovati 328 dipinti di 1.500 anni – su 24 distinti blocchi di roccia – che ritraggono scene di caccia a poderosi animali marini, come balene, capodogli, pesci spada, squali martello e altre creature. Appartenenti alla cosiddetta “Arte di El Médano”, dal nome dell'omonima valle nota agli antropologi si dall'inizio del XX secolo, questi pittogrammi color ocra – creati con ossido di ferro – mostrano uno spaccato di vita peculiare dei cacciatori-raccoglitori delle comunità preispaniche che hanno vissuto nell'area per migliaia di anni. Queste coste cilene, infatti, si trovano nei pressi del deserto più arido del mondo, l'Atacama, e le popolazioni antiche che vi si stabilirono dipendevano soprattutto dai frutti provenienti dal ricco Oceano Pacifico.

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Nelle nuove pitture studiate dal professor Benjamín Ballester, docente presso il Dipartimento di Storia dell'Arte e di Archeologia dell'Università di Parigi 1 Panthéon-Sorbonne, gli animali sono rappresentati in proporzioni maggiori rispetto alle zattere dei coraggiosi cacciatori, che sfidavano gli animali con imbarcazioni precarie e semplici arpioni di legno lunghi tre metri. Le barche venivano costruite con pelle di leone marino cucita con centinaia di spine di cactus e filo di cotone; la pelle di foca serviva anche ad assicurare le punte alle lance, che nei disegni vengono scagliate sempre verso la testa e il corpo degli animali. Probabilmente il sovradimensionamento delle prede serviva a sottolineare la difficoltà nella cattura di simili creature. Del resto, come spiega Ballester, era una caccia praticata da pochi uomini solitari, magari scelti dopo una selezione per questo specifico scopo.

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Le antiche comunità costiere cilene si sostenevano anche raccogliendo molluschi, e secondo Ballester intrattenevano scambi commerciali con quelle più interne che si dedicavano alle attività agricole e alla pastorizia, magari scambiando merce (come pesce essiccato) con utili manufatti alla stregua di utensili e altri oggetti di uso quotidiano. L'aspetto curioso di questi pittogrammi risiede nel fatto che pur trovandosi in alcune caverne nei pressi della riva, sono più numerosi nei canaloni desertici come quello di Izcuña, come a voler celebrare l'oceano e collegarlo al deserto attraverso la spettacolare arte rupestre.

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Le pitture rupestri, pur essendo costantemente esposte agli agenti atmosferici, in particolar modo all'umidità prodotta dai banchi di nubi “camanchaca” tipici della costa cilena, sono ancora ottimamente conservati, ed è possibile che nell'area ne verranno trovati molti altri. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Antiquity.

[Credit: Benjamín Ballester]

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