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Buoni risultati dai test sul vaccino universale contro tutti i coronavirus

La formulazione sviluppata in Giappone testata nei topi ha indotto il sistema immunitario a produrre anticorpi in grado di bloccare non solo da Sars-Cov-2 ma anche altri coronavirus correlati alla Sars.
A cura di Valeria Aiello
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Dopo l’epidemia di Sars, nei primi anni 2000, si è trattato di una questione di tempo prima che un altro coronavirus facesse il salto di specie e infettasse l’uomo. E potrebbe trattarsi ancora di tempo prima che un nuovo coronavirus simile a Sars-Cov-2 rappresenti una minaccia significativa per la salute umana. Non conoscendo però i dettagli del nuovo patogeno, l’unica opzione per non farci cogliere impreparati è quella di trovare un modo per riconoscere un elemento in comune a tutti i coronavirus, un po’ come accade nello sviluppo dei vaccini antinfluenzali.

Più team di ricerca hanno compiuto passi in avanti in questa direzione, mettendo a punto vaccini progettati per indurre immunità contro più ceppi di coronavirus. Se questo lavoro si tradurrà in un vaccino per l’uomo – qualcosa che i ricercatori dicono essere sulla buona strada – queste formulazioni potrebbero difenderci da nuovi membri della famiglia dei coronavirus, anche se peggiori del virus di Covid-19. In particolare, un team dell’Università di Osaka, in Giappone, ha testato una strategia di vaccinazione nei topi che promuove la produzione di anticorpi in grado di neutralizzare non solo Sars-Cov-2 ma anche un’ampia gamma di altri coronavirus.

Dato che precedenti epidemie di coronavirus come SARS-CoV-1 e MERS-CoV si sono verificate a causa di coronavirus zoonotici che saltano la barriera di specie, il potenziale per l’emergere di virus simili in futuro rappresenta un rischio significativo per la salute pubblica globale, anche in presenza di vaccini efficaci per i virus attuali” spiegano gli sviluppatori del nuovo approccio vaccinale che, come le formulazioni anti Covid, prende di mira la proteina Spike che il virus Sars-CoV-2 utilizzare per entrare nelle cellule, putando però una diversa parte della proteina, il core RBD, una porzione altamente conservata nei coronavirus rispetto alla testa contro cui agiscono gli attuali vaccini e che differisce tra i diversi ceppi.

La produzione di anticorpi in grado di riconoscere questa porzione proteica non è però semplice, in quanto il sistema immunitario è principalmente impegnato a rispondere alla testa della proteina Spike. Per aggirare questo problema, gli sviluppatori hanno prodotto proteine Spike con la testa ricoperta da uno scudo di zuccheri, in modo da nasconderla al sistema immunitario.

I test, descritti sul Journal of Experimental Medicine, hanno indicato che i topi immunizzati con questi vaccini hanno prodotto molti più anticorpi diretti al core della proteina Spike. Quando esposti a Sars-Cov-2, gli anticorpi hanno impedito al virus di entrare nelle cellule. e, più significativamente, i topi hanno acquisito anche un’immunità parziale contro Sars-Cov-1, il virus della Sars, e altri tre coronavirus che infettano pipistrelli e pangolini ma che non hanno ancora colpito l’uomo.

“Le versioni ingegnerizzate del dominio di legame del recettore Spike possono essere un componente utile per lo sviluppo della prossima generazione di vaccini ampiamente protettivi ha aggiunto il professor Tomohiro Kurosaki della WPI Immunology Frontier Research Center presso l'Università di Osaka e autore principale dello studio – . I nostri dati sono applicabili allo sviluppo del vaccino umano anche se servirà ancora molto lavoro perché questa strategia possa proteggere le persone” .

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