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Broncopneumopatia, dall’Italia la possibile cura non invasiva

Più efficace della cura con il respiratore, meno invasiva dell’intubazione, la dialisi polmonare potrebbe diventare il metodo ottimale per curare la BPCO.
A cura di Redazione Scienze
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Maschera e respiratore: anche così si può curare la BPCO.
Maschera e respiratore: anche così si può curare la BPCO.

La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una malattia parzialmente o per nulla reversibile, ma, quando è possibile agire per curarla, è necessario intubare il paziente. La nuova tecnica ideata da un team di ricercatori italiani potrebbe rivoluzionare l'approccio alla malattia. Se la sperimentazione dovesse continuare a produrre effetti positivi, sarà sufficiente una dialisi polmonare, effettuata al momento su 25 pazienti del Policlinico universitario Sant'Orsola di Bologna delle Molinette di Torino. Attraverso questa tecnica non invasiva, la mortalità si può ridurre dal 35% al 7%. Coordinatore del gruppo di ricerca è stato il professore Stefano Nava, 57 anni, direttore del reparto di Pneumologia e Terapia intensiva polmonare del policlinico bolognese, che ha condotto lo studio con Lara Pisani, Luca Fasano, Andrea D'Amore e in collaborazione con Marco Ranieri delle Molinette di Torino.

La broncopneumopatia cronica ostruttiva è un'ostruzione bronchiale causata da un'affezione cronica polmonare. La principale causa è il fumo di tabacco, ma ad esso si aggiungono l'inquinamento dell'aria e la predisposizione genetica. L'irritazione delle vie polmonari può causare il restringimento delle piccole vie aeree e la rottura del tessuto polmonare. L'insufficienza respiratoria può diventare particolarmente acuta e causare la morte. Basti pensare che la BPCO è stata riconosciuta a maggio 2014 come la terza causa di morte al mondo, responsabile di più di 3 milioni di decessi.

E' possibile curare almeno parzialmente la malattia o intubando il paziente, oppure eliminando l'anidride carbonica con maschera e respiratore. Una metodo, quest'ultimo, che non è invasivo, ma che purtroppo si mostra inefficace sul 30% dei pazienti. La nuova tecnica, quella della dialisi polmonare, avrebbe dunque il vantaggio di non far soffrire il paziente e un'efficacia elevatissima. Tuttavia nel 30% dei casi si verificano sanguinamenti importanti, sebbene curabili. Ma ci sono tutte le premesse per essere ottimisti: la ricerca è solo nella sua fase pilota.

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