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Covid 19

Brasile travolto dalla pandemia di Covid: campagna vaccinale lenta e rischio nuove varianti

Il Brasile è il secondo Paese al mondo per numero di contagi da coronavirus SARS-CoV-2 (12 milioni) e vittime (543mila) dopo gli Stati Uniti. La campagna vaccinale procede troppo lentamente e la circolazione estrema del virus in alcune regioni, dove è già diffusa la “variante brasiliana P.1”, potrebbe catalizzare la nascita di nuovi pericolosi lignaggi.
A cura di Andrea Centini
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Alla data odierna, martedì 23 marzo 2021, sulla base della “mappa della vaccinazione” di Our World in Data, in Brasile sono state somministrate 14,12 milioni di dosi di vaccino anti COVID, su una popolazione di ben 210 milioni di persone. Ciò significa che soltanto una piccolissima percentuale di brasiliani ha ricevuto la prima dose del farmaco, e ancor meno ha ottenuto l'immunizzazione completa grazie alla seconda iniezione (boost o richiamo). Gli unici cittadini a essere completamente protetti dalla COVID-19, in pratica, sono quelli coinvolti negli studi clinici che hanno portato all'approvazione per l'uso di emergenza dei farmaci. Tenendo presente che il Brasile è il secondo Paese al mondo per numero di contagi – ben 12 milioni, dietro agli Stati Uniti con 30 milioni di infezioni – e anche per i decessi, 295mila su un totale di 2,7 milioni (negli USA sono 543mila), la campagna vaccinale sta procedendo troppo lentamente per provare ad arginare la catastrofica diffusione del virus durante la seconda ondata.

Secondo molti operatori sanitari del Paese sudamericano, questa situazione sarebbe figlia della scarsa lungimiranza del governo federale guidato dal presidente “scettico” Jair Bolsonaro. “All'inizio della pandemia avrei detto che il Brasile sarebbe stato il primo paese dell'America Latina a vaccinare la sua popolazione perché sappiamo come farlo”, ha dichiarato alla CNN la dottoressa Natalia Pasternak, microbiologa in prima linea nella lotta al coronavirus. “Abbiamo tutte le infrastrutture di cui abbiamo bisogno. Ora abbiamo solo bisogno di un presidente migliore”, ha chiosato la scienziata, puntando il dito contro Bolsonaro, finito più volte nel mirino dell'opinione pubblica per la sua gestione dell'emergenza sanitaria. Il Brasile, come l'Italia, per la propria campagna vaccinale ha puntato moltissimo sull'AZD1222/ChAdOx1 prodotto dalla società biofarmaceutica anglo-svedese AstraZeneca, in collaborazione con lo Jenner Institute dell'Università di Oxford e la società di biotecnologie italiana di Pomezia Advent-Irbm. L'approvazione per l'uso di emergenza è arrivata dall'agenzia regolatoria locale il 17 gennaio, ma la carenza di scorte del principio attivo per produrre il farmaco direttamente negli stabilimenti brasiliani (dopo un accordo con la casa produttrice) ha dilatato i tempi delle consegne e dunque quelli delle prime somministrazioni. L'obiettivo è arrivare a 400 milioni di dosi entro la fine dell'anno, secondo gli ultimi accordi di Bolsonaro.

Il problema alla base della campagna vaccinale brasiliana, secondo gli esperti, risiede anche nella scarsa diversificazione dei farmaci. Il Ministero della Salute brasiliano, spiega la CNN, ha rifiutato anche un accordo con la Pfizer da 70 milioni di dosi, per questioni di pagamento e potenziali problemi contrattuali da trattare nei tribunali degli Stati Uniti. Nel frattempo si è deciso di puntare sul vaccino CoronaVac della casa farmaceutica cinese Sinovac Research and Development Co., Ltd. Dovrebbero arrivarne 100 milioni di dosi, ma recenti studi hanno dimostrato che ha un'efficacia del 50,4 percento, appena al di sopra della soglia minima del 50 percento ritenuta valida dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Paradossalmente Bolsonaro aveva attaccato a più riprese il farmaco cinese, sottolineando (senza alcuna prova) che potesse persino nuocere alla salute. Alla luce della drammatica situazione in Brasile il governatore dello Stato di San Paolo João Doria – tra i principali avversari politici di Bolsonaro – aveva stretto un accordo con la Sinovac per ottenere milioni di dosi del vaccino, ma alla fine sono state “requisite” dal governo federale per essere inserite nella campagna vaccinale nazionale.

In Brasile, e in particolar modo nello Stato dell'Amazzonia, sta inoltre circolando la variante brasiliana P.1 del coronavirus caratterizzata da una mutazione (chiamata E484K) che permetterebbe al patogeno di eludere almeno in parte gli anticorpi delle precedenti infezioni naturali, oltre a determinare una potenziale ridotta efficacia dei vaccini già approvati. Nella città di Manaus si stanno registrando numerose reinfezioni nonostante fosse stata duramente colpita durante la prima ondata della pandemia. La situazione resta dunque drammatica e la sottovalutazione del patogeno e la mancanza di lungimiranza nell'organizzazione della campagna vaccinale rischiano di far pagare al Brasile un prezzo in termini di vite umane ancora più alto. Senza dimenticare che la circolazione estrema del virus aumenta il rischio di nuove varianti potenzialmente pericolose per tutti. "Il Brasile è diventato una minaccia per la salute pubblica globale, la situazione è caotica, abbiamo bisogno che l'OMS e i governi di altri Paesi prestino attenzione a ciò che sta accadendo in Brasile", ha dichiarato durante un'intervista televisiva l'epidemiologo Pedro Hallan.

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