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Le fake news sul coronavirus uccidono: morti in 800 per “disinfettarsi” col metanolo, 60 si accecano

La disinformazione legata alla pandemia di coronavirus SARS-CoV-2 può uccidere e provocare gravi disabilità. In Iran, ad esempio, sono morte oltre 800 persone e in 60 hanno perso la vista dopo aver bevuto metanolo altamente concentrato, credendo di potersi “disinfettare” dal patogeno. Incidenti analoghi sono capitati in diverse altre parti del mondo, come indicato in un nuovo studio appena pubblicato sul The American Journal of Tropical Medicine and Hygiene.
A cura di Andrea Centini
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Nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della mappa interattiva messa a punto dagli scienziati dell'Università Johns Hopkins, la pandemia di coronavirus SARS-CoV-2 ha contagiato oltre 20,6 milioni di persone in tutto il mondo, uccidendone quasi 750 mila (in Italia si registrano 251mila infezioni complessive e più di 35mila vittime). Alle devastanti conseguenze della COVID-19, l'infezione provocata dal patogeno emerso in Cina, vanno aggiunte quelle della cosiddetta “infodemia”, la pletora di notizie legate alla pandemia che circola soprattutto sul web. Il problema risiede nel fatto che molte di esse sono vere e proprie fake news, in grado di mettere seriamente a repentaglio la vita delle persone o provocare gravissime disabilità. Basti pensare che in Iran sono morte centinaia di persone per aver bevuto metanolo, credendo fosse una cura miracolosa contro il virus. A decine hanno perso per sempre la vista per la stessa ragione.

A mettere in evidenza i pericoli rappresentati da fake news e teorie del complotto relative alla pandemia di coronavirus è un nuovo studio condotto da un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università di Bath, Regno Unito, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Università del Nuovo Galles del Sud (Australia), dell'Università Statale dell'Iowa (Stati Uniti) e di altri istituti di ricerca. Gli scienziati, coordinati dal professor Saiful Islam, hanno determinato l'impatto della disinformazione sulla salute pubblica andando a caccia di “voci, stigma e teorie del complotto” su siti web, giornali online e piattaforme social come Facebook e Twitter. In tutto hanno identificato oltre 2.300 segnalazioni in 25 lingue diverse, diffuse in 87 Paesi. Le maggior parte di esse – raccolta tra il 31 dicembre 2019 e il 5 aprile 2020 – era legata alla trasmissione e alla mortalità della malattia (24 percento), seguite dalle misure di controllo (21 percento), trattamenti e cure (19 percento), causa e origine della malattia (15 percento) e altro ancora. Oltre 1.800 delle affermazioni analizzate (82 percento) sono risultate essere completamente false. Fra esse, bere candeggina per “immunizzarsi”; consumare sterco di vacca e urina di cammello per curarsi; cospargersi di cloro e bere disinfettanti per prevenire l'infezione; ingerire soluzioni d'argento e molte altre ancora.

L'evento più drammatico legato alle fake news, come indicato, si è verificato in Iran: oltre 800 persone sono morte credendo di potersi “disinfettare” e curare bevendo alcol fortemente concentrato. Più di 60 hanno perso per sempre la vista e quasi in seimila sono finite in ospedale. Per la stessa ragione sono morte 30 persone in Turchia. In Qatar due uomini hanno perduto la vita dopo aver ingerito grandi quantità di disinfettante per le mani e per le superfici, mentre in India sono finite in ospedale 12 persone (tra le quali 5 bambini) dopo aver consumato una soluzione alcolica a base di semi tossici. In una chiesa della Corea del Sud, infine, un centinaio di persone ha sviluppato un infezione dopo essersi spruzzato addosso acqua salata contaminata.

“La disinformazione alimentata da voci, stigma e teorie del complotto può avere implicazioni potenzialmente gravi sull'individuo e sulla comunità se posta innanzi alle linee guida basate sull'evidenza scientifica. Le autorità sanitarie devono tenere traccia della disinformazione associata al COVID-19 in tempo reale e coinvolgere le comunità locali e le parti interessate del governo per combatterla”, hanno scritto sul proprio articolo gli autori dello studio. I dettagli della ricerca “COVID-19–Related Infodemic and Its Impact on Public Health: A Global Social Media Analysis” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica The American Journal of Tropical Medicine and Hygiene.

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