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Beslan, 3 settembre del 2004 tra orrore e verità negate

Sette anni fa si consumava la tragica strage della scuola di Beslan, in Ossezia, in cui persero la vita più di 330 persone tra cui 186 erano bambini.
A cura di Nadia Vitali
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Di Beslan non si è mai detto tutto, né si è mai parlato a sufficienza; chi ricorda in maniera appena superficiale l'orribile massacro che seguì il sequestro da parte di alcuni terroristi all'interno di una scuola, chi dall'alto dei propri poteri politici ha fatto in modo di far passare sotto silenzio i tanti errori che il governo russo commise, portando ad un epilogo di siffatta tragicità, le cui cifre fanno ancora venire i brividi.

Cosa accadde in quei terribili giorni, non fu una guerra ma qualcosa che in piccolo lo ricorda; è stato tracciato con le parole di coloro i quali sopravvissero, portando dentro di sé un dolore che non ci è dato neanche immaginare; eppure, a distanza di anni, ancora tante sono le zone d'ombra e, purtroppo, precisa volontà di chi di dovere sarà quella di farle rimanere tali. Le 334 vittime di cui 186 erano bambini, alcuni al loro primo giorno di scuola, i più di 700 che riuscirono a sopravvivere, come orfani, come mutilati o, più semplicemente, come persone la cui vita sarà irrimediabilmente segnata dal trauma, per adesso non vedono giustizia e, probabilmente, non la vedranno mai.

E questo è accaduto proprio perché non è stato possibile sapere cosa successe precisamente in quei giorni dell'orrore, quando l'odio si è scatenato in tutta la sua disordinata e caotica violenza, prendendo di mira famiglie che pensavano di stare per trascorrere un giorno di festa. Se c'era un piano, quel che è certo è che a ad un certo punto ha preso il sopravvento la pura volontà di distruggere; da allora, è diventato difficile attribuire responsabilità. Il Governo, con i lavori della commissione d'inchiesta Torshin, si limitò a riconoscere un grosso deficit nelle misure di sicurezza adottate contro i 32 terroristi, separatisti ceceni, decidendo di porre fine a qualunque tipo di ulteriore ricerca della verità a solo un anno di distanza da quei tragici eventi. E come pensare, allora, ad un caso, ricordando che Anna Politkovskaja (la giornalista assassinata "misteriosamente" nel 2006) dopo aver tentato per due volte di salire su un volo diretto a Beslan mentre le autorità glielo impedivano, una volta sull'areo fu colta da un malore per cui perse i sensi, a causa di un probabile avvelenamento?

Quello che possiamo sapere è solo questo: il 1 settembre nel grosso cortile della scuola Numero Uno di Beslan, in Ossezia del Nord, erano presenti circa 1300 persone. Studenti di età compresa tra i 6 ed i 18 anni, 59 insegnanti, il personale non docente e le famiglie che accompagnavano i piccoli al loro primo giorno di scuola, portando con sé anche gli altri figli; tutti presenziavano alla giornata di inaugurazione dell'anno scolastico, che prevedeva anche delle cerimonie simboliche. Alle nove e trenta iniziò l'incubo che per molti finì nel peggiore dei modi: un commando composto da 32 persone (resta ancora qualche dubbio, sul numero, in realtà) fece irruzione con passamontagna e cinture esplosive su due furgoni e iniziò a sparare in aria, costringendo i presenti ad entrare nell'istituto scolastico, dirigendosi nella palestra, 25 metri per 10, in cui i circa 1200 ostaggi trascorsero le successive 56 ore. Alcune decine di persone approfittando del caos riuscirono a fuggire e ad avvisare le autorità locali.

Sul dopo si hanno notizie solo parziali e forse è una fortuna: ammassati in quello spazio angusto, i bambini e gli adulti soffrivano il caldo e venne data loro la possibilità di spogliarsi; cibo ed acqua non furono forniti, alcuni ostaggi furono costretti a bere urina; qualcuno sostenne che non mancarono gli abusi sessuali su alcune delle giovani adolescenti presenti; una ventina di uomini venne uccisa subito per dare un segnale alla polizia e tra i sequestrati si scelsero alcuni che dovettero ammassare i corpi fuori, mentre a dei bambini venne dato l'ordine di pulire il sangue sul pavimento; la scuole venne minata e tutti erano tenuti sotto la minaccia che potesse saltare in aria; non era consentito neanche parlare; il secondo giorno vennero rilasciate 11 madri con relativi figli, per un totale di 26 persone. Dopodiché c'è il buio.

Quel che è certo è che intorno alle 13:05 del 3 settembre i terroristi diedero il permesso a quattro medici di entrare a rimuovere i cadaveri che giacevano nel cortile, ma due esplosioni provenienti dalla palestra scatenarono l'inferno in terra. Cosa le abbia provocate, se una delle bombe attaccate alla parete col nastro staccatasi e caduta a terra, se un piede che accidentalmente calpestò un filo, se furono granate lanciate volontariamente dalle forze speciali russe o se gli stessi terroristi volevano dare il colpo definitivo, approfittando poi della confusione per scappare tra gli ostaggi, probabilmente non si saprà mai. Si sa che infuriò una battaglia, il tetto crollò, le esplosioni si susseguirono e che un incendio divampò, facendo il più alto numero di morti, a causa dei lanciafiamme a cui fecero ricorso i corpi speciali russi, sebbene questi siano assolutamente vietati dalle convenzioni internazionali. Si sa, soprattutto, che 334 persone, di cui 186 bambini furono prima vittime innocenti di brutalità e malvagità ben oltre la più spietata delle immaginazioni; successivamente dell'indifferenza e del calcolo di chi, da tragici eventi come questi, ha sempre da guadagnare una nuova guerra a cui guarderà tenendosene ben distante.

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