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Barbablù? Ebbene, è esistito davvero

Forse non tutti sanno che una delle fiabe più spaventose dell’infanzia, trae ispirazione da fatti di cronaca realmente accaduti.
A cura di Nadia Vitali
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Le fiabe per bambini, si sa, non sono proprio tutte prive di elementi inquietanti, anzi; esse aiutano, anche grazie all'esercizio della paura, a mettere in guardia i piccoli dai pericoli che potrebbero correre se non seguono le raccomandazioni dei genitori o di chi si occupa della loro educazione, in generale. Le più belle raccolte che i bambini occidentali hanno a disposizione, provengono dalla fantasia di grandi narratori come Charles Perrault, i fratelli Grimm o Hans Christian Andersen, senza dimenticare la nostra tradizione italiana de Lo Cunto de li Cunti; alcuni inventavano i propri racconti dal nulla, altri si ispiravano alle narrazioni popolari.

Non di rado capita di imbattersi in storie davvero spaventose, piene di dettagli orribili, difficili da dimenticare: basta pensare alla strega cannibale di Hansel e Gretel dei fratelli Grimm, alla danza indemoniata della protagonista di Scarpette Rosse di Andersen o al malvagio tra i malvagi, il Barbablù di Perrault. Quest'ultima, nonostante il suo tono marcatamente pedagogico che ammoniva i piccoli lettori a non lasciarsi trascinare da smaniose curiosità, in verità, venne abbastanza rapidamente associata, nell'immaginario collettivo, alla figura dell'assassino seriale, arrivando addirittura a diventare il soprannome di un celebre serial killer del passato.

Al punto che si è pensato che la fiaba di Perrault, comparsa la prima volta nel 1697, traesse ispirazione dalle cronache della vita di un nobile francese vissuto un paio di secoli prima, Gilles de Rais, condannato a morte nel 1440 per i suoi delitti efferati; intelligente fin dall'infanzia e valoroso combattente militare, ereditiere di un notevole patrimonio, ma anche appassionato di stregoneria e magia nera, oltre che, naturalmente di alchimia, disciplina che era indispensabile conoscere allorché si era alla ricerca, come de Rais, della pietra filosofale.

Nel maggio del 1440 venne accusato aver rapito un giovane prelato: in seguito a questo episodio il vescovo di Nantes iniziò ad indagare su presunti crimini passati del giovane nobile. Pochi mesi dopo si aprì un processo contro di lui, in cui inizialmente Gilles de Rais accusò gli ecclesiastici di volerlo uccidere al fine di sottrargli le sue ricchezze; la terribile confessione giunse solo tramite le torture che venivano usate al tempo. Parlò di un numero altissimo di bambini, probabilmente molti più di 100, seviziati, ammazzati, i cui cadaveri venivano fatti a pezzi e bruciati, grazie all'aiuto dei servi: confessione che suscitò tale orrore nei giudici che questi non vollero presentarne tutti i passi tra le prove per il processo.

Le confessioni estorte con la tortura, noi sappiamo, hanno un valore che si può definire sempre piuttosto relativo: tuttavia che fosse o no il responsabile di quei terribili omicidi, compiuti in due dei suoi castelli, tra il 1432 ed il 1440, Gilles de Rais è passato alla storia come un dei tanti archetipi del male, chiamato Barbablù, a quanto pare, proprio a causa dei riflessi "blu" della sua nerissima barba; sembra, tuttavia, che decine di cadaveri vennero effettivamente ritrovati nella sua residenza di Machecoul. Un personaggio, si direbbe, uscito direttamente dagli inferi, dunque niente di più adatto per suggestionare la fantasia di un bambino; e, come spesso accade, purtroppo, talmente malvagio al di là di ogni immaginazione, da essere drammaticamente vero.

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