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Artico, record negativo per lo scioglimento dei ghiacciai

Le immagini e i dati diffusi dalla U. S. National Snow and Ice Data Center mostrano come l’estensione dei ghiacciai dell’Artico abbia toccato un nuovo minimo.
A cura di Redazione Scienze
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artico record negativo per lo scioglimento dei ghiacciai

È stata un'estate rovente per tutti: per il nostro Paese, costretto ad un'afa più soffocante del solito, per i ghiacciai alpini, in ritirata sempre più evidente; e anche l'Artico, prevedibilmente, non è stato risparmiato da quest'annata particolarmente calda. Anzi, per dirla tutta, il livello di attenzione da parte del mondo scientifico è massimo: perché nel 2012 i ghiacci dell'Artico hanno fatto registrare un nuovo minimo storico, inserendosi in un trend negativo che, in particolar modo nell'ultimo decennio, ha visto una riduzione della superficie media delle candide distese artiche sempre più preoccupante. L'ultimo allarme proviene dal National Snow Ice and Data Center che ha diffuso qualche giorno fa, l'immagine che mostrava la giornata in cui i ghiacci hanno raggiunto il livello di riduzione massimo nell'anno: un fenomeno naturale, chiaramente, ma che sta raggiungendo livelli la cui responsabilità viene da molti ricondotta all'impronta antropica (è noto, ormai, che il Sole svolga un ruolo solo marginale nel fenomeno del riscaldamento globale).

Il 16 settembre l'estensione dei ghiacci era pari al 24% della superficie dell'Oceano Artico: il precedente record più basso risaliva al 2007, quando la superficie era pari al 29%. Da quel giorno, lo scioglimento annuale dei ghiacci è finito, in vista della fine dell'estate: non prima, però, di aver fatto registrare la più bassa estensione dell'anno e la più bassa da quando esistono le registrazioni satellitari, ovvero dalla fine degli anni '70. «Siamo ormai in un territorio inesplorato» ha osservato il direttore dell'ISIDC, Mark Serreze, riferendosi a quanto lo scioglimento artico sia un indicatore dello stato climatico (e di salute) della Terra e quanto, dunque, questa condizione sia inevitabilmente il segnale di un cambiamento in atto: un mutamento al quale, tra studiosi catastrofisti e scienziati dissenzienti, nessuno può sapere come reagirà il Pianeta. Tutto ciò che si può fare è provare a ipotizzare quali potrebbero essere i probabili sviluppi.

Ci prova Peter Wadhams, Professore dell'Università di Cambridge, che in una lettera inviata al quotidiano britannico The Guardian avverte come i segnali provenienti dall'Artico lascino poco spazio alle speranze per il futuro: «Il collasso è previsto entro quattro anni», azzarda. E, a giudicare dal video diffuso dalla National Oceanic and Atmospheric Administration, si ha l'impressione che la "profezia" non abbia il solo scopo di spaventare i più sensibili al tema: il calo ulteriore di quest'anno dell'estensione dei ghiacci, poi, è stata l'ennesima prova . Le conseguenze, in termini di disastri ambientali, sono soltanto immaginabili e, a parer di molti, già ampiamente sperimentate attraverso il "clima impazzito" ed imprevedibile che stiamo conoscendo negli ultimi anni: per questo nella lettera il Professor Wadhams sollecita ad un intervento rapido attraverso, non solo la riduzione di CO2, ma anche l'applicazione delle diverse idee di geoingegneria che potrebbero salvare il nostro futuro. Siamo ancora in tempo?

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