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Alzheimer, luce e suono “cancellano” le placche di beta amiloide e migliorano la memoria

Un team di ricerca americano guidato da neuroscienziati del celebre MIT ha dimostrato che la stimolazione acustica e visiva in topi affetti da Alzheimer murino non solo elimina le placche di beta amiloide dal cervello, ma migliora sensibilmente le capacità cognitive e mnemoniche. Attesi i primi test sull’uomo.
A cura di Andrea Centini
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Stimolando con luce e suono il cervello di topi affetti da una condizione analoga all'Alzheimer umano, non solo sono stati "cancellati" i grovigli di proteina tau e le placche di beta amiloide strettamente connessi alla patologia neurodegenerativa, ma sono state migliorate anche le funzioni cognitive e le capacità mnemoniche. A ottenere questo straordinario risultato è stato un team di ricerca americano guidato da neuroscienziati dell'Istituto Picower per l'Apprendimento e la Memoria del Massachusetts Institute of Technology, il celebre MIT, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Scuola di Medicina dell'Università Emory di Atlanta.

Credit: MIT
Credit: MIT

L'esperimento. Gli scienziati, coordinati dal professor Li-Huei Tsai, direttore presso l'istituto di Cambridge, hanno basato i propri test sui risultati ottenuti da precedenti indagini. Tsai e colleghi, infatti, nel 2016 avevano dimostrato che, stimolando il cervello dei topi affetti dal modello murino dell'Alzheimer con una luce stroboscopica a 40 Hertz, venivano rimosse sia le placche di beta amiloide che i grovigli di proteina tau, inoltre veniva catalizzato il processo di eliminazione dei rifiuti ad opera delle cellule di microglia. Tuttavia i benefici riguardavano la sola corteccia visiva, senza offrire vantaggi mnemonici e cognitivi, che rappresentano il principale obiettivo del trattamento della demenza. Per questo nei nuovi esperimenti hanno deciso di aggiungere la stimolazione acustica, anch'essa con onde a 40 Hertz. La procedura si basa sull'attività dei neuroni, che originano segnali elettrici in grado di sincronizzarsi a specifiche frequenze, e che risultano alterate nei pazienti colpiti da demenza. Attraverso la stimolazione acustica Tsai e colleghi hanno osservato una riduzione delle proteine dannose anche nella corteccia uditiva e nell'ippocampo, una parte del cervello coinvolta nella memoria.

Risultati eccezionali. I benefici maggiori sono stati ottenuti combinando la stimolazione visiva a quella acustica, che ha determinato una riduzione ancor più marcata delle placche di beta amiloide, anche nella corteccia prefrontale del cervello. I benefici fisiologici si sono subito riflessi sulle capacità mnemoniche e cognitive dei topi trattati, che sono risultati molto più bravi a ricordare oggetti e percorsi del classico labirinto sperimentale. Sebbene i risultati siano stati ottenuti sui topi, Tsai e colleghi sono ottimisti sul fatto che simili trattamenti possano essere efficaci anche sugli esseri umani. Anche se richiedono di essere somministrati con costanza, dato che gli effetti sui modelli murini sono risultati meno evidenti a una settimana dalla sospensione del trattamento. I dettagli della pionieristica ricerca sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Cell.

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