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Alzheimer e dormire poco, una “relazione pericolosa”

Sono sufficienti una notte di sonno interrotto per causare un aumento di placca beta-amiloide e cinque per quello di proteina tau, entrambe coinvolte nel morbo di Alzheimer, ma il vero rischio viene corso da chi dorme poco cronicamente.
A cura di Andrea Centini
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Un team di ricerca internazionale coordinato da studiosi della Scuola di Medicina dell'Università di Washington (Saint Louis) ha scoperto che dormire poco incrementa nel tessuto cerebrale la concentrazione di proteine associate al morbo di Alzheimer, una delle patologie neurodegenerative più diffuse e temute, poiché incurabile.

Gli studiosi, coordinati dai neurologi David M. Holtzman e Yo-El Ju, hanno scoperto che basta una sola notte di sonno interrotto per veder salire i livelli della placca amiloide, mentre concentrazioni più elevate di proteina tau si iniziano a registrare dopo alcune notti ‘disturbate'. Entrambe le sostanze sono fortemente associate al morbo di Alzheimer; esse infatti, ostacolano la comunicazione tra i neuroni, producono atrofia e infine morte nel tessuto cerebrale, la causa del declino cognitivo.

Diversi studi avevano già dimostrato un legame tra il rischio di patologie neurodegenerative e la carenza di sonno, come quello recente condotto da ricercatori italiani dell'Università Politecnica delle Marche e dell'Università del Wisconsin che hanno scoperto un processo di “autocosumazione” cerebrale. Nella nuova indagine Holtzman e colleghi hanno voluto capire in che modo il cervello può essere danneggiato.

I ricercatori hanno coinvolto in vari esperimenti 17 adulti sani con un'età compresa tra i 35 e i 65 anni, tutti privi di deficit cognitivi e con sonno regolare. Ai partecipanti è stato innanzitutto installato un piccolo computer da polso, che ha monitorato per una settimana intera i cicli di sonno-veglia a casa propria. Al termine della prima fase sono stati tutti ospitati per una notte al centro medico dell'università, dove sono stati suddivisi in due gruppi trattati in modi distinti: il primo è stato lasciato riposare per tutta la notte, mentre il secondo è stato svegliato con un forte “beep” dalle cuffie indossate. A un mese di distanza, l'esperimento è stato ripetuto a parti invertite. Dall'analisi del fluido spinale i ricercatori hanno scoperto sia l'accumulo della proteina tau (del 10 percento) che della placca beta-amiloide in chi era stato svegliato bruscamente, sebbene la prima abbia ha impiegato più giorni per aumentare di concentrazione.

Secondo i ricercatori pochi giorni di sonno interrotto non rappresentano un reale pericolo, poiché i livelli di queste proteine tendono a riequilibrarsi naturalmente, tuttavia nelle persone di mezza età che dormono poco cronicamente esse potrebbero accumularsi, aumentando di conseguenza il rischio di deficit cognitivi e la possibilità di sviluppare il morbo di Alzheimer durante la terza età. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Brain.

[Foto di claudioscott]

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