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Accoppiarsi per i delfini è una faticaccia: svelati i misteri della loro vita sessuale

Attraverso la simulazione di un atto sessuale e il supporto di una TAC gli studiosi hanno determinato come si connettono gli organi genitali dei delfini e compreso meglio la loro peculiare anatomia, necessaria per consentire l’accopiamento nell’ambiente marino ed evitare che l’acqua entri nell’utero.
A cura di Andrea Centini
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In occasione dell'Experimental Biology 2017, un meeting annuale per scienziati recentemente svoltosi a Chicago, un team di ricercatori della Dalhousie University (Canada) e del Mount Holyoke College ha presentato un nuovo studio sull'anatomia dei genitali dei cetacei, che sono stati analizzati a fondo grazie a una tecnica mai sperimentata prima. La ricerca, messa a punto per determinare le strategie riproduttive dei mammiferi marini e comprendere meglio gli adattamenti anatomici veicolati dai processi evolutivi, oltre che per futuri programmi di riproduzione in cattività, ha fatto emergere tutta la peculiarità della copulazione in questi animali, dove a differenza di molte altre specie devono essere superati diversi ostacoli ambientali e vere e proprie barriere.

“Anche se può sembrare intuitivo che il pene si adatti bene alla vagina durante l'accoppiamento, la biomeccanica e i dettagli delle forme anatomiche possono essere complessi, e raramente sono stati studiati”, ha sottolineato l'autrice principale della ricerca, la dottoressa Dara Orbach, docente presso l'ateneo di Halifax. “Balene, delfini e focene – ha proseguito la ricercatrice – hanno insolite pieghe vaginali, spirali e rientranze che il pene e lo sperma debbono superare per fecondare con successo l'uovo”. La peculiare anatomia si è evoluta per evitare che l'acqua marina entri nell'utero e favorire l'accoppiamento in un ambiente tridimensionale, nel quale l'angolo di penetrazione e l'allineamento tra i genitali sono praticamente obbligati.

Per capire come si comportano esattamente i genitali durante l'atto sessuale, gli studiosi hanno innanzitutto recuperato dei peni da alcuni delfini spiaggiati, in particolar modo tursiopi (Tursiops truncatus), gli stessi contro i quali hanno scioperato i pescatori delle Eolie, e successivamente hanno sviluppato un sistema in grado di renderli turgidi, simulando in tutto e per tutto un'erezione naturale. Nella seconda fase dell'esperimento i peni sono stati inseriti in campioni di tessuti vaginali e in modelli di silicone, che replicavano fedelmente l'organo riproduttivo delle femmine. Dall'analisi, suffragata da una tomografia computerizzata (TAC), sono stati osservati i punti di contatto dei tessuti e il percorso “tortuoso” che compie il pene durante la copulazione, ben visibili nell'immagine diffusa dal team della dottoressa Orbach.

[Foto di Dara Orbach/Dalhousie University]

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